Magazine Psicologia

A.A.A. Project: "Amore"

Da Massimo Silvano Galli @msgdixit
All'indispensabile lavoro terapeutico sull'Autonomia, di cui abbiamo discusso nel nostro precedente articolo, segue necessariamente il lavoro altrettanto terapeutico e altrettanto fondamentale sull'Amore, sull'affettività, secondo sostanziale elemento del nostro "A.A.A. Project".
Nessuno, infatti, può negare che una gran parte del nostro benessere e, quindi, della nostra possibile felicità, del nostro sentirci in sintonia con il mondo e le persone con cui viviamo, passi dalla possibilità che ognuno di noi ha (e si dà), di poter amare e essere amato, e una terapia degna di questo nome non può non guardare con estrema attenzione alla grande questione dei sentimenti e alla nostra capacità di saperli vivere il più possibile nella loro pienezza, compresa quella pienezza che entra nel campo della sessualità.
Eppure, tranne in quelle situazioni in cui la domanda di cura si esplicita, più o meno direttamente, in quello che potremmo definire "maldamore", raramente le terapie convergono o tengono in dovuta considerazione questa imprescindibile esigenza dell'essere umano, soprattutto laddove si ha a che fare con l'area della disabilità.
L'esperienza clinica ci insegna, tuttavia, che quando un qualche tipo di malessere, di disagio, di disabilità ostacola l'esistenza (e soprattutto l'esistenza dei soggetti più indifesi e inconsapevoli: i bambini), l'amore per primo rischia di farne le spese: sia laddove diviene così protettivamente soffocante da non lasciare spazio all'autonomia, sia laddove si riduce o si distorce sotto l'azione deformante del disconoscimento, ovvero di quel processo che porta l'Altro che dovrebbe amarci (ad esempio i nostri genitori) a non riconoscerci, perché rifiuta la nostra patologia e noi con lei, o perché la nostra immagine non corrisponde alle sue aspettative.
Certo, si tratta di posizioni per lo più agite inconsapevolmente, che spesso gli stessi genitori subiscono loro malgrado -e per questo ci si deve prende cura di loro.
Tanti, infatti, sono i padri e le madri che abbiamo incontrato e incontriamo in terapia la cui più grande fatica è davvero amare i figli per quello che sono, con le loro difficoltà e le loro impossibilità. E tanti sono, parimenti, i padri e le madri che, pur riconoscendo tali difficoltà, vi si sostituiscono, impedendo al soggetto in disagio di affrontarle e, quindi, di superarle.
A queste dimensioni in cui emerge la necessità di curare l'amore, si aggiunge poi il lavoro con il soggetto portatore del disagio che per primo deve crescere nella possibilità di sperimentare l'amore: con i genitori, i fratelli, gli amici affinché, quando verrà il tempo e se verrà il tempo, questa sperimentazione possa provare a trovare approdo in una relazione d'amore adulto che non escluda la fondamentale connaturazione sessuale.
Ognuno come può e quanto può, ma secondo possibilità che, anzitutto, devono essere cercate e progettate e non pregiudicante da posizioni ideologiche o morali, come purtroppo spesso accade con questi uomini e queste donne che, troppo a lungo considerati minorati, finiscono spesso per essere trattati tutta la vita come minori, eterni bambini eternamente castrati.
Insieme all'Autonomia, l'Amore è, dunque, l'altra grande configurazione esistenziale su cui necessariamente si deve posare la nostra attenzione di terapeuti (ci occuperemo della terza "A": l'Alienazione, nel prossimo post), aiutando il soggetto in difficoltà e l'universo affettivo-educativo in cui vive a conoscere e riconoscere appieno questo vitale e benefico, imprescindibile elemento dell'esistenza umana.
Massimo Silvano Galli

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