A.A.A. supereroi disfunzionali cercasi...

Creato il 25 dicembre 2010 da Omar
Adattamento di una applauditissima graphic-novel opera di quel genietto dei comics Made in USA che risponde al nome di Mark Millar (coadiuvato ai disegni da una delle migliori matite in circolazione, quella di John Romita Jr), Kick-Ass è una pellicola del 2010 che ha suscitato parecchie polemiche in giro per il web (da noi, grazie ai consueti magheggi della distribuzione, lo vedremo solo nel prossimo febbraio) ma che la critica ha promosso in toto apprez- zandone lo scintillio cromatico, il citazionismo irriverente e il linguaggio scurrile e politicamente scorretto. La serie a fumetti originale rivoltava come un calzino l’idea dell'eroe in calzamaglia raccontando di Dave Lizewski, classico adolescente nerd divoratore di fumetti e porno virtuale, il quale si chiede come possa una qualsiasi sgallettata televisiva diventare un idolo per le masse mentre nessuno abbia il coraggio di indossare una maschera e un mantello per portare nelle strade la giustizia. Convinto che bastino le buone intuizioni, Dave compra perciò una muta da sub verde e diventa un supereroe: la novità messa in campo da Millar (già autore del capolavoro Ultimates) è un realismo crudissimo e spietato: il ragazzo, privo di superpoteri, finisce all'ospedale dopo il suo primo scontro, letteralmente massacrato. In seguito, grazie al successo delle sue gesta via YouTube, incontrerà un paio d'imitatori arrivando a scontrarsi con la mafia locale e a una coppia di veri vigilantes sciroccati (un padre e una figlia davvero letali). Il film che Metthew Vaughn ha tratto da questo modello assolutamente valido funziona in realtà alla grande solo per buoni due/tre quarti dei suoi 110 min. di durata: ottimo l'incipit con il ragazzo (interpretato da un bravo Aaron Johnson) che si racconta in voce over descrivendosi per lo sfigato qual'è sino alla consapevolezza (pseudo)eroica, ottima la colonna sonora (con ammicchi paraculi che vanno da Morricone a Presley), ottima la scelta di descrivere l'universo dei comics-fan in maniera esasperata e parodistica, esemplare inoltre la scelta del parterre d'attori (su cui spicca una fantastica Hit-Girl interpretata da Chloe Moretz, un prodigio!), i dolori cominciano laddove il regista ha deciso di compiere dei cambiamenti insulsi e davvero immotivati rispetto all'opera di riferimento: Big-Daddy, il vigilante adulto (un Nicolas Cage discretamente in ruolo) che non lesina in omicidi ed efferatezze, viene descritto qui come un poliziotto in sospensione anziché come il ragioniere frustrato del fumetto (e la differenza, in termini di satira sociale, si fa notevole!). La compagna di scuola di cui è innamorato Dave lo crede gay, e quando lui le si rivela, magicamente, nel film i due diventano amanti mentre sulla carta la ragazza lo faceva bastonare coi controcazzi dal proprio boyfriend. Incom- prensibile poi la dichiarata parentela dell'antagonista Red Mist col potente boss cittadino (è il figlio) laddove nell'originale l'agnizione veniva giustamente tenuta in serbo sino alla chiusura della storia. E infine, insopportabile, un happy-end posticcio e terribilmente inverosimile che manda in vacca un'ottima trasposizione, che semplicemente attenendosi con fedeltà al modello cartaceo avrebbe davvero potuto segnare lo spartiacque del cinefumetto. Peccato. Occasione sprecata. Comunque da vedere. Anche per poter fare una comparazione con una pellicola dell'anno prima meno conosciuta ma forse più riuscita nel genere «spogliamo il supereroe di ogni epicità»: stiamo parlando di Defendor, primo lungometraggio di Peter Stebbings. Con toni da commedia agrodolce racconta la vicenda d'un tontolone che se ne va in giro a combattere spacciatori, assassini e papponi a suon di biglie colorate usate come armi. Un bambino nel corpo di uomo che usa contro gente armata sino ai denti delle api (?). E la cosa ha un suo senso, una sua amara credibilità, grazie anche e soprattutto alla bravura di Woody Harrelson, a quella sua espressione perennemente sbalordita. Sotto le celate spoglie di un film da ridere (e si ride, amaramente ma si ride!), Defendor parla in realtà del disincanto e della volatilità della fantasia. Insomma, un buon film con un gigantesco Harrelson, una Kat Dennings sufficientemente figa e un azzeccato Elias Koteas, qui turpe villain senza speranza.Ma il pioniere d'ogni tentativo di desacralizzare la figura del super-hero è fuor di discussione il bistrattato Mystery Men del 1999, diretto dal regista di spot commerciali Kinka Usher e tratto dalla serie a fumetti Flaming Carrot Comics firmata da Bob Burden. La pellicola, carina e tutt'altro che scontata, costruisce una divertente parodia dei film a tema supereroistico, proponendone - in un'epoca proto-Spiderman di Sam Raimi - i cliché e le esagerazioni. Buono il cast e la recitazione (sempre spassoso Ben Stiller), musica a posto ed effetti speciali non invasivi. Merito anche di un'ironia di grana molteplice, capace di mescolare gag surreali e brillanti alle classiche scenette sature di flatulenze e parolacce, con contorno di morale ad uso e consumo dei teenagers: siamo tutti supereroi quando facciamo del nostro meglio ed affrontiamo a testa alta i problemi che incontriamo. Da recuperare...

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