Sono belle giornate quelle che si vivono, il mare e il libeccio non rinfrescavano soltanto il corpo. Lunghe passeggiate nella battigia a piedi nudi. Apparentemente la spiaggia pulita, ma osservandola macchie di petrolio, pezzi di legno arrivati chissà da dove, frammenti di vetro.Fu uno di questi ad incidere il piede nudo della ragazza, la battigia colorata di rosso pulita subito dopo da un onda. Il piede velocemente in acqua: con il disinfettante e un cerotto può passare tutto. L’alterazione dello stato di salute per lei è vista come una sconfitta, una perdita di stima, persone deboli da tenere a distanza per evitare il contagio alla loro sfortuna.
I giorni si susseguono e il disinfettante non vince la battaglia sull’infezione. Spunta la febbre, il medico decide di dare farmaci per via orale e intramuscolare. Seguono esami e analisi. La ragazza risulta con scarsa immunità, non produce abbastanza anticorpi. L’infezione prende possesso della pelle, della carne, l’importante che non arrivi all’osso. Passano le settimane i mesi, ormai si è provato di tutto e l’infezione è sempre presente, nel suo avanzare indenne alle cure. Il ricordo delle passeggiate impallidisce, tempi lontani, mentre la realtà è una continua lotta contro un mostro che ha deciso di divorare la vita di questa ragazza. L’osso del piede è infetto – camera iperbarica – ultimo tentativo. La qualità della vita è pessima. Disinfettanti, garze, lavaggi, visite, ricoveri, la carne che puzza come una carogna. Il mondo che lei ha sempre evitato e criticato diventa la sua quotidianità. Non vuole accettare lo scendere ad un livello inferiore, a stare tra i perdenti. È una giornata grigia, il sole nascosto dalle nuvole sembra non voglia assistere, i medici si consultano, una soluzione c’è, molto drastica, ma rimane l’unica per evitare maggiori danni: bisogna amputare.Caterina Guttuso