Mica facile decidere in quale modo agire. Come se non ci fossero già abbastanza problemi con la scrittura, tocca pure affrontare il dilemma per antonomasia. Quale deve essere la condotta dell’autore? Deve abbassarsi al livello del lettore, che spesso è tale per puro caso, oppure deve badare a innalzare il livello di chi legge?
Che il problema sia dibattuto in Rete è persino sciocco rimarcarlo; e lo sarà forse per sempre. Perciò non c’è di che preoccuparsi: qualunque sarà la conclusione di questo strampalato post, la discussione procederà. L’opinione generale recita più o meno: scrivi semplice, piano, al livello di chi legge.
Sono abbastanza d’accordo con questa affermazione, però…
Se per esempio devo spiegare come clonare il disco rigido di OS X Lion su un supporto esterno, ricorrendo all’applicazione Carbon Copy Cloner, dovrò tenere conto che tra il mio pubblico ci sono persone che non hanno nemmeno chiaro il significato di “clonare”. Oltre a spiegarglielo, sarà indispensabile ricorrere alle immagini per rendere il processo di clonazione più comprensibile.
Ma come diavolo posso riuscire a fare qualcosa di analogo con la narrativa? Semplice: non si può.
Non si possono applicare i medesimi criteri ad ambiti diversi. La narrativa si occupa di storie, e compito di chi scrive è farlo al meglio delle sue capacità. Il rispetto del lettore non deve renderci schiavi del consenso a tutti i costi. Da qui nasce quel formidabile fraintendimento che recita più o meno:
“Eh, gli scrittori se la tirano”.
Che ce ne siano e pure di gran numero che “se la tirano” è indubbio; e questo è male. Forse però arriviamo al cuore della faccenda, sul serio. Se uno scrittore deve abbassarsi al livello del lettore, allora non è più uno scrittore; bensì un insegnante.
Quando molti anni fa mi resi conto di essere ignorante (adesso la situazione è un poco migliorata), non ho cercato chi fosse al mio livello. Odiavo il mio livello, e per questo volevo imparare. Per me è stato del tutto naturale non guardarmi attorno, ma alzare lo sguardo a chi era più in alto di me. Quindi: Tolstoj, Dostoevskij, Zola, Silone, Camus, Erodoto, Giulio Cesare, Sallustio (sì, c’è stato pure il periodo dei classici latini e greci) Erasmo da Rotterdam, Erich Fromm, Remarque…
Tutto è partito da una mia constatazione, e dalla mia volontà. Non ho pensato: “Ma questo è troppo per me”, bensì: “Se non apprezzo è colpa mia”. Col tempo ho anche compreso che non era solo colpa mia, perché si affina intelligenza e sensibilità, e queste creano una capacità di giudizio meno grossolana.
A volte certe opere non si apprezzano proprio perché… sono indigeste.
Perciò siamo arrivati alla soluzione del dilemma, che in realtà non lo è affatto tale, secondo me.
Se il lettore vuole qualcuno al suo livello, ha scambiato lo scrittore per l’insegnante delle elementari. Mi spiace per lui sul serio, forse la scuola dell’obbligo non è stata all’altezza delle aspettative (ma ciascuno di noi può migliorarsi: basta che lo voglia).
Però si rivolge alla persona sbagliata. È come chiedere omogeneizzati a vent’anni: quel tempo è finito.