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Ecco cosa dice l'art. 4 della 194:
"Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'art. 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975, n. 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia."
La mozione di incostituzionalità dell'art. 4 è stata sollevata dal Tribunale di Spoleto sulla scorta di un recente pronunciamento della Corte di Giustizia Europea che vieta la brevettabilità di ricerche sulle cellule staminali ovvero lo sfruttamento commerciale dei risultati di tali ricerche. In sostanza un giudice minorile nega il diritto all'interruzione della gravidanza ad una ragazza di 17 anni che, non volendo mettere al corrente i genitori del suo stato, si è rivolta – come previsto dalla legge – al giudice per il consenso. Sebbene la sentenza della Corte di Giustizia Europea sia circostanziata alla materia della brevettabilità e tale contesto non è affatto irrilevante, il divieto stabilito dalla Corte ha il suo fondamento giuridico su una definizione molto ampia di embrione umano, allargata anche "all’ovulo umano non fecondato". Inevitabilmente questa definizione apre alla lettura dell'embrione come un soggetto in fieri che non può essere distrutto ma, ripeto, la sentenza della Corte Europea ha un contesto molto preciso che è la brevettabilità delle ricerche sulle cellule staminali ricavate dagli embrioni umani e la stessa sentenza afferma che "Per quanto riguarda le cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, spetta al giudice nazionale stabilire, in considerazione degli sviluppi della scienza, se esse siano tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano e, di conseguenza, rientrino nella nozione di «embrione umano»". Quando nella sentenza si legge che "la Corte non è chiamata, con il presente rinvio pregiudiziale, ad affrontare questioni di natura medica o etica" appare evidente che qualsiasi generalizzazione delle conclusioni della sentenza possono costituire una forzatura interpretativa di cui i vari talebani dei movimenti "pro-life" non mancheranno (e non sono mancati) di farsi portavoce.
La mozione di incostituzionalità dell'art. 4 della 194 è disponibile sul sito della Corte Costituzionale. La Consulta si esprimerà autorevolmente tra pochi giorni ma dalla lettura dell'ordinanza mi pare che le motivazioni del Tribunale di Spoleto si appellino agli artt 2 e 32 della Costituzione ("diritti inviolabili dell'uomo" e "diritto alla salute") in maniera decisamente asimmetrica, in altre parole considerano i diritti garantiti dai suddetti articoli solo ed esclusivamente per l'embrione, mai si intravede nelle argomentazioni del Tribunale di Spoleto un richiamo agli analoghi diritti di cui è titolare anche la donna che ricorre alla legge 194. Nell'ordinanza del giudice di Spoleto si legge che il "diritto alla salute [che] viene affermato e tutelato in quanto fondamentale diritto dell'individuo» e dunque spettante a chiunque possieda una individualità giuridicamente rilevante: tale è il caso dell'«embrione umano» che, anche qualora volesse disattendersi la definizione di «uomo in fieri» come sopra delineata, è di certo qualificabile come «individuo» in senso proprio..." ma nell'ordinanza è colpevolmente assente ogni riferimento al concetto di "«individuo» in senso proprio" della donna, evidentemente questo tipo di individualità non sembra "giuridicamente rilevante"! Io non sono un esperto di Diritto ma dalle mie povere letture mi è sembrato di capire che questa materia costituisca un terreno dove si stabilisce un delicatissimo equilibrio tra titolari di diritti, un equilibrio fatto di pesi e contrappesi, che in nessun caso può reggersi quando vengono considerati separatamente. Mi auguro che la Consulta introduca nella sua decisione questo delicatissimo equilibrio che il giudice del Tribunale di Spoleto ha "omesso" di chiamare in causa, sia pure in termini di diritti in conflitto.
Un ultima cosa, solo un rapido spunto di riflessione. La Corte di Giustizia Europea ha dato fondamento giuridico alla non brevettabilità delle ricerche condotte su materiale umano facendo ricorso al concetto di "embrione umano" e di potenziale essere umano applicato persino "all’ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e all’ovulo umano non fecondato indotto a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi". Si può discutere all'infinito sulla validità di questo fondamento (discussione che terminerebbe solo con la consapevole assunzione di responsabilità che comporta l'arbitrio di una decisione) ma quello che a me sembra rilevante è il conflitto che inevitabilmente si apre tra etica e diritto per tenere fuori dalle grinfie del mercato i risultati delle ricerche sulle cellule staminali. Questo dovrebbe farci riflettere.
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