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PROVE DELL’ESISTENZA:
Michelangelo De Grazia cita che Ludovico II, imperatore d’occidente, fonda l’insediamento monastico di Càlena riferendo che “…Ludovico II munì l’Abbazia di torri e merli, ancora in parte esistenti, contro nemico assalto…”
Il primo documento storico è l’atto in cui Leone, vescovo di Siponto, dona all’abate Roccio del monastero benedettino di Tremiti dicendo: “…una ecclesia deserta in loco qui vocatur Kàlena, cuius vocabolorum est Sancta Maria…” [“…una chiesa abbandonata in un luogo chiamato Kàlena, il cui nome è Santa Maria…”]
Papa Leone IXcon una bolla del 9 novembre conferma privilegi e possedimenti dell’abbazia al monastero di Tremiti.
Santa Maria di Càlena diventa un’abbazia indipendente e potente avendo addirittura tra le sue pertinenze l’abbazia di Monte Sacro, posta sotto diretto controllo della Sede Apostolica e con una bolla del 7 febbraio, IUSTIS PETITIONIBUS, riconosce l’autonomia da Tremiti.A confermare indipendente l’abbazia furono i seguenti pontefici:+ ONORIO II (papa dal 1124 al 1130)+ INNOCENZO II (papa dal 1130 al 1143)+ LUCIO II (papa dal 1144 al 1145)+ EUGENIO III (papa dal 1145 al 1153)+ ANASTASIO IV (papa dal 1153 al 1154)+ ADRIANO IV (papa dal 1154 al 1159)+ CELESTINO III(papa dal 1191 al 1198)
Il principe Riccardo di Capuà, durante il Concilio di Melfi, dona Càlena e beni annessi ai benedettini di Montecassino, creando contese tra le badie di Tremiti e Montecassino.1134PRIVILEGIO DI RUGGERO IIIn un documento del XII sec., giacente nell’Archivio di Stato di Foggia, Ruggero II, Re di Sicilia stabilì: “… che tutti i possedimenti ed i beni del circondario che il medesimo monastero attualmente possiede, o quelli che potrà in futuro ottenere a buon diritto o con l’aiuto di Dio, rimangano confermati e intatti” e prende sotto la sovrana protezione Càlena elencandone proprietà del monastero e non verrà mai reclamata questa decisione, né da parte dello stesso re, né dai suoi successori, né dallo stato.
Sintesi di un prolisso elenco:
I monaci di Càlena possederanno tali beni in libertà e vivranno “in quiete con perpetuo diritto”.
Nel “privilegio” sono inserite due importanti concessioni, la prima svincola il monastero e le chiese annesse da ogni servitù dalla propria Curia, la seconda all’abate e ai suoi confratelli la facoltà di istituire un giudice, dei balivi (giudici di cause civili), e dei notai.
Per i doni conferiti sarà richiesta eterna gratitudine verso la sua persona, obbligando a chiunque possegga, anche in parte, queste regalie, a servirlo fedelmente e a non vendere, donare e permutare i doni concessi.
Il territorio sotto la gestione di Càlena comprendeva simbolicamente quasi tutto il Gargano che univa vaste proprietà con paesi e borghi i cui abitanti giuravano fedeltà vincolandosi all’abbazia di Càlena
Guglielmo II, detto il buono, con una bolla emanata il 7 maggio da Palermo conferma beni e possedimenti di Càlena esentandola da ogni tassa verso la Corte.
Papa Innocenzo III, papa dal 1198 al 1216, con una bolla del 3 febbaraio conferma un cospicuo elenco patrimoniale di Càlena.
Sempre Innocenzo III, con una bolla “Cum nuper” del 10 marzo 1198 riconferma l’indipendenza di Càlena e ne sancisce il distacco dalla badia di Monte Sacro da Càlena.
Papa Alessandro IV con una bolla del 22 aprile sanziona il passaggio dei beni, dai Benedettini ai Cistercensi, nonostante ciò i monaci di Càlena non vollero aggregarsi a Tremiti e per circa un secolo fu sotto la giurisdizione della diocesi di Vieste.
Carlo I D’Angiò conferma i diritti di riscossione sui proventi del pescato nel lago di Varano.
Papa Eugenio IV riconosce che Santa Maria di Càlena era già in antichità in possesso tremitense e ordinò che l’abbazia fosse restituita con tutti i suoi beni e patrimoni non appena l’abate Corrado fosse deceduto, cosa avvenuta l’anno seguente.
I Canonici Regolari Lateranensi chiamati anche del SS. Salvatore Lateranense, presero possesso dell’abazia e dei suoi svariati beni.
Ristrutturarono l’edificio rafforzandolo per difendersi da attacchi pirati e nel contempo costruirono la seconda chiesa, chiamata “Chiesa Nuova” (struttura in cui viene esposta la statua lignea della Madonna)
Càlena viene descritta: “di nome e ricchezza celerissima (…) il cui tempio è consacrato alla gloriosa Madre di Dio, per l’antichità e bellezza fin’hora venerabile e d’ogni stima degno. (…) cotesta Chiesa fu già ornata di grandi e quasi infiniti privilegi, e d’assaissimi Re et Imperatori onorata, e tenuta in grande devozione.”
In questo periodo storico i suoi beni rappresentavano un’entità tutt’altro che trascurabile poiché, comprendeva: “circa 30 Chiese sparse sul Gargano con le relative pertinenze ed inoltre, diritto di pesca nel Lago Varano, mulini, terre, case, oliveti, l’intera località Imbuto sul Lago Varano e la città di Peschici” [A.Petrucci, Codice Diplomatico, P. LXXXV dell’introduzione]
Papa Clemente VIII: “Erectio monasterii Sancta Maria de Càlena”
Carlo III di Borbone dichiara di suo dominio la Fortezza di Tremiti lasciando la sua custodia ai Padri Leteranensi.1777Su ordine della Suprema Giunta degli Abusi e del marchese Saverio Danza, governatore della Regia Dogana di Foggia, il pro segretario del Tribunale doganale Damiano Iannicelli stila l’inventario delle rendite , delle industrie e dei beni dell’abazia di Tremiti.
Ferdinando IV con “Real Carta” del 6 luglio ordina: “il sequestro di tutti i beni della badia di Tremiti per debiti contratti e non pagati, per giunta, i Monaci Lateranensi provvederanno al sostentamento delle truppe dislocate in loco”.
Con Decreto del 27 giugno, Giuseppe Napoleone, Re di Napoli e di Sicilia ordina che i beni dei monasteri vengano assorbiti nel demanio dello stato.
I beni della badia di Tremiti furono venduti con procedura eccezionale.
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