Magazine Diario personale

Abbazia di Viboldone

Da Chiara Lorenzetti

“Il senso del limite insegna a stare con naturalezza dentro la propria finitudine” Giorgio Boatti

Non  molto tempo fa ho visitato l’Abbazia di Viboldone, nella periferia Sud di Milano. Un luogo antico inserito suo malgrado  in un contesto suburbano incasellato e grigio; un pezzo di storia intatta, quasi estraniata dal mondo e segregato tra tangenziali, svincoli, casermoni e centri commerciali.
Sarà la fede che lo ispira, sarà la potenza dell’arte medievale, sarà un briciolo di rispetto dei tempi trascorsi, quando si varca il cortile dell’Abbazia, ci si sente trasferiti in un incavo di serenità.
Per commentare le mie immagini, non userò le mie parole, come mi è solito, ma il testo di Giorgio Boatti da “Sulle strade del silenzio. Viaggio per monasteri d’Italia e spaesati dintorni” ed.Laterza.(qui la pagina facebook).

Il senso del limite insegna a stare con naturalezza dentro la propria finitudine.
E’ una pratica che richiede l’esercizio dell’attenzione verso gli altri. Un’attenzione da mantenere sempre in allerta, prendendo consapevolezza di quanti altri gesti e modi di essere da parte nostra possono essere invasivi e intrusivi, colpendo ambiti di sensibilità che ci stanno attorno.

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Questo allenamento al governo di sé, delle proprie parole e dei propri gesti, dell’essere consapevoli dello spazio nel quale ci si colloca e dell’uso che si sta facendo del tempo, proprio e altrui, porta a poco a poco a camminare su una sorta di crinale. Lì, invisibile, corre il filo di ciò che è essenziale. A noi e agli altri.

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Le mezze misure, le ambiguità, gli accomodamenti, prima ancora di essere interdetti da norme formali – i confini della clausura, per esempio, o l’inizio del Grande Silenzio a partire da una data ora-, sono respinti perché rappresentano una stonatura. Sono una distonia perché opposti e speculari alla scelta di un modo di vivere che ha senso solo se riesce a essere integro, congruo, in ogni aspetto duraturo.

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O si è, insomma, quel che si dice di voler essere, o non lo si è. E allora è inutile fare del teatro o della rappresentazione per camuffare la situazione.

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Il silenzio, proprio perché mette al vaglio ogni parola, è un efficace sparigliatore di ambiguità, un formidabile bastone di sostegno per restare coerenti ai propri propositi. Con l’andare del tempo, ci si rende conto non solo della fatica che questa modalità di stare con se stessi e con gli altri, almeno all’inizio, impone, ma anche della liberazione che a poco a poco regala.

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La sensazione, quasi fisica, è di disporre dentro di sé di un tempo fattosi più lento e arioso.

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E’ di muoversi in uno spazio interiore che si è fatto più agevole, essenziale, sgombrato da inutili orpelli che normalmente lo inzeppano”

7

Ho voluto inserire lo scritto di Giorgio Boatti tra le mie immagini, perchè è stato scritto durante un soggiorno nel monastero di Viboldone, adiacente all’Abbazia e retto dalle suore  della comunità di Madre Margherita Marchi. Vi ho ritrovato molti dei sentimenti da me provati, un senso di rientro nella propria mente, un assetato desiderio di distacco e intimità.
Ciò che ho sentito equivale a quello che sentirete voi

Chiara 

 


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