abbiamo le prove

Da Suddegenere

Ho scoperto, da poco, un sito molto bello: ABBIAMO LE PROVE. “Solo storie vere, una donna alla volta vuol dire che qui sopra pubblichiamo nonfiction personale, e che queste storie vere sono successe alle donne che al momento risultano tra i vivi, per venircele a raccontare.” Nella sua estrema semplicità l’idea di raccogliere scritture di qualità, di donne così diverse, è geniale. Suggerisco vivamente di seguire il sito, ci troverete delle perle. Consiglio, questo, che ho già dato ad alcune amiche, cui dicevo scherzando: quante volte ci siamo ritrovate assieme, parlando dei “fatti nostri” a dire abbiamo le prove? Quante volte ci siamo trovate e ritrovate negli occhi e nelle parole di un’altra donna,? Occhi e parole che ci raccontavano  quei brandelli di vita necessari e vitali, quasi fossero prove tangibili delle nostre esistenze più intime. 

A me l’ultima volta è capitata pochi giorni fa. Era uno di quei momenti preziosi che a volte decido di strappare al quotidiano mandando al diavolo tutti i doveri e nei quali, in una città piccola come la mia, niente è più facile che incontrare per caso l’amica d’infanzia. “Ci si prende un caffè?”. Ovvio, non puoi mica scappare così, mi devi raccontare cos’hai combinato alla fine con quel lavoro, e se il bambino si trova bene a scuola o ha ancora problemi con quei bulletti, e tuo marito è ancora da esorcizzare o finalmente gli è passata la smania di sostenere quel partito? Un caffè lungo un’ora e mezza, durante cui ci beviamo litri di parole e sorrisi perchè la città è piccola ma capita che ci perdiamo nelle banalità e ci fermiamo a boccheggiare in superficie, per cui non ci si vede così spesso e il tempo passa, anzi vola e basta chiudere gli occhi un istante per guardare non quella splendida donna padrona di sé, che siede di fronte a me rilassata e sorridente, ma una  ragazzina di sedici anni timorosa e chiusa, che non riesce a stare mai ferma.

Basta un battito di ciglia per guardare una ragazzina di sedici anni con la maglietta inzuppata di sangue. Di fronte a lei c’è una donna che prova a pulirle il viso tumefatto, delicatamente. La ragazza vorrebbe guardare la donna diritta negli occhi e urlarle in faccia “guarda come mi ha combinata, e tu non dici niente!“, ma non ci riesce. Non riesce a pronunciare una sillaba, è priva di forze più che terrorizzata, lo so. Tuo padre non è cattivo – continua la donna – si fa prendere da questi raptus ma poi se ne pente subito. E’ dispiaciuto, lo sai che ti vuole bene” aggiunge. Un rivolo di sudore freddo cola lungo la schiena della ragazza, perchè adesso capisce. Solo adesso ha la certezza che sua madre  deve averne passate di tutti i colori e non le ha mai fatto parola di nulla, nè lei se n’è  accorta. Del resto i suoi sono separati da anni e la madre ha sempre evitato parole, al contrario del padre. E adesso, dopo anni di incontri obbligatori, concordati e mal vissuti, è stata appena portata via dalla casa dei nonni, dove nonni e zii l’hanno guardata come se fosse trasparente, non hanno fatto nulla per farla restare con loro al sicuro. Possibile che non si siano accorti della maglietta? Possibile che non le abbiano visto il naso incrostato di sangue e la faccia gonfia? Possibile che l’abbiano fatta andare via come nulla fosse, loro sempre premurosi e affettuosi, proprio assieme a chi l’ha ridotta in quello stato? A questo punto  per la ragazza tutto è diventato possibile. A questo punto, lei crede che non varrà la pena neanche parlarne con la madre quando tornerà dalla sua unica vacanza dell’anno. Nel frattempo il suo viso  si sarà sgonfiato, i lividi non si vedranno più, parlarle servirà solamente a farla morire dal dispiacere e questa è l’ultima cosa che desidera. La verità le è stata finalmente sbattuta in faccia senza bisogno di parole e senza mezzi termini: la mamma e lei sono sempre state sole. E’ una realtà che la fa disperare in silenzio per mesi, forse anni. La ragazzina elabora quello che percepisce come il tradimento di un’esistenza falsa. Diventa scorbutica, ci si arrovella nottate intere, passiamo  una notte di capodanno fuori da una discoteca da sole, a fumare sigarette e a parlare, perchè di festeggiare con gli altri non se ne ha proprio voglia. Intanto passano gli anni, ognuna prende la propria strada, la ragazzina prende le misure con se stessa, fa anche qualche cavolata ma niente di irreparabile. Forse farne qualcuna -ho sempre pensato- ha una sua qualche utilità, se oggi quella ragazzina di sedici anni è una splendida donna che si avvia ai quaranta e ti guarda dritta negli occhi senza cedimenti. Vedendola camminare per strada, si potrebbe pensare che la (sua) determinazione sia innata, ma io e lei sappiamo una cosa: quello che non uccide (a volte) fortifica. Ne abbiamo le prove.


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