Oggi mi hai mostrato l’anulare col cerchio dorato. L’hai fatto apposta, ed eri anche abbastanza sincera quando mi hai detto: “sono felice di rivederti”. Poi hai posato la mano sinistra sul banco del bar e l’hai tenuta tesa, come a sottolinearne lo stato e l’amarezza. Faccio finta di niente, certe cose non mi toccano dai tempi delle superiori e ho smesso da un bel pezzo con la competizione. Mi chiudo in difesa e limito i danni della tua imboscata: è la tua rivincita e te la concedo volentieri.
Dicono che dall'anulare sinistro parta una vena che finisce direttamente al cuore. La credenza risale ai romani, che erano convinti che in questa vena scorressero i sentimenti. Non avendo l’oro a disposizione fasciavano l'anulare sinistro col ferro, di modo che lo sposo, per sempre, avrebbe potuto garantirsi la fedeltà della propria moglie.
A cosa serve, a cosa è servito, a cosa mi servirà domani quest’ultimo atto di fede. Forse mi aiuterà a giocare meglio le carte, a difendere lo scudo spaziale e a intercettare i missili nucleari. Ci penso e ci ripenso, deve esserci un porto, un cesso, un luogo sperduto fuori o dentro la mente, un anfratto di mondo dove vomitarti per sempre. Eppure non c’è niente che somigli a quei pezzetti di pasta imbevuti di acido e vino rosso, non c’è frammento a terra né grumi di polvere da spazzare per bene.
Niente, non c’è più niente di noi. Nemmeno il gusto di raccoglierne i pezzi.
Ma invece c’è tutto. C’è un pensiero che si sporca nel catino del bucato o piuttosto nel caffè di ogni mattina, nelle ore di punta. C’è un pensiero ogni volta che mi guardo attorno e mi ritrovo solo alla cassa 4 del supermercato.
A scuola i professori c’insegnavano l’amore ma noi lo facevamo meglio nel doposcuola. Non ci sfiorava il traffico e non ci sfioravano i giorni che se ne volavano via come bolle di sapone. Le lacrime erano un liquido che cercava la sua via di fuga, e le lacrime erano una barchetta che armeggiava sempre il suo porto.
E questo è l’abstract di questa storia, calzino spaiato nel cestello dei panni sporchi. Il resto stinge nella centrifuga e implora solerte il perdono.