Lo scorso 8 settembre, sotto l'egida dell'Unione Africana e del mediatore sudafricano Thabo Mbeki, il Sudan e il Sud-Sudan si sono impegnati a ritirare le rispettive truppe dalla regione di Abyei entro tempi brevissimi.
Si tratta, infatti, della seconda fase di un accordo che già, a partire da giugno scorso, prevedeva la demilitarizzazione della contestata zona di Abyei.
Se tutto avvenisse come si deve (ma la situazione non è ancora del tutto definita) attraverso questo accordo i due Paesi accettano di lasciare ad Abyei la FISNUA ossia la forza militare dell'ONU, i cui 1700 soldati dovrebbero prendere il controllo del territorio conteso.
In effetti questo sarebbe un passo importantissimo per la pace.
Tuttavia esso non basterebbe a mettere a tacere la querelle legata all'avvenire amministrativo della regione.
La popolazione attende sempre il referendum di autodeterminazione.
E poi, essendo troppi i punti di contenzioso legati a petrolio e altre ricchezze presenti nel sottosuolo del territorio, mettere la parola fine alla grossa conflittualità nella regione sarà comunque non semplice e non facile.
Se invece il miracolo, tra virgolette, avvenisse, i primi beneficiari sarebbero proprio le genti di questa landa arida e desolata, che da sempre lottano quotidianamente per la sopravvivenza in un contesto terribilmente inospitale e di cui però è chiarissimo che non importa niente a nessuno.
Importa invece il petrolio.
E la ricchezza, per chi riesce a metterci le mani sopra.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)