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Accident - Recensione

Creato il 29 febbraio 2016 da Lightman

Louis Koo, Michelle Ye, Stanley Tung e Lam Suet sono i protagonisti di Accident, serrato thriller su una banda di implacabili killer che commette i propri crimini facendoli passare per incidenti.

Accident - Recensione

Brain è a capo di una banda che organizza assassinii facendoli passare come casuali incidenti. Dopo il loro ultimo ingaggio, nel quale un boss della yakuza è stato ucciso dalla "accidentale" caduta di una lastra di vetro, il team (i cui membri stessi, comprendenti anche Uncle, Woman e Fatty, non hanno rivelato per segretezza ai complici le loro rispettive identità) ha già ricevuto un nuovo incarico: la loro prossima vittima è un anziano su una sedia a rotelle, la cui morte è stata richiesta dal figlio. Le modalità per inscenare quest'incidente sono però più complicate del previsto ed è necessaria una serata di pioggia; dopo che la missione è completata con successo, un bus sbanda all'improvviso rischiando di travolgere Brain e investendo Fatty, che muore sul colpo. Il leader della banda si convince, vista la sua personale esperienza, che la morte del "collega" sia stata programmata e decide di indagare per conto proprio sui possibili mandanti.

La regola del sospetto

Produce Johnnie To e la confezione odora a livello stilistico e tecnico delle migliori produzioni del maestro hongkonghese: non a caso, dato che per l'occasione il maestro ha piazzato dietro la macchina da presa il suo sodale assistente regista Pou-Soi Cheang, già attivo da tempo anche in solitario con buoni risultati. Accident, presentato nel 2009 alla Mostra del Cinema di Venezia, è un thriller diabolico e implacabile che sfrutta con abilità il tema del sospetto, rendendo protagonista una banda di killer senza scrupoli con la quale è però facile entrare in sintonia, complice l'ottimo background dei personaggi e il carisma degli interpreti. Se il procedere degli eventi e il momento culminante dei perfettamente orchestrati omicidi può risultare a tratti un po' forzato, è indubbio il fascino che si annida nella meticolosa costruzione del piano, dove ognuno dei quattro killer ha un compito preciso da assolvere con estremo tempismo e precisione; non a caso è proprio quando uno di loro, per colpa della stanchezza, difetta la sua parte che la tragedia si compie. Evento che va a modificare in toto le atmosfere e la narrazione del film, che si contorce in una paranoia opprimente che si divide su due correnti di pensiero, quella di essere osservati o quella di snidare un possibile traditore. Il cineasta è abile a metaforizzare le sensazioni emotive con un senso per l'inquadratura di magistrale coesione geometrica, trovando nei diversi angoli di ripresa un millimetricamente preciso senso dello spazio. Con una componente voyeuristica / spionistica che condensa in piccolo quanto visto nel contemporaneo Overheard (2009), sempre con Koo protagonista, la sceneggiatura trova due colpi da biliardo nel finale, con altrettanti colpi di scena / cliffhanger che vanno a rivoluzionare l'intero complesso narrativo, manifestando una legge del contrappasso che fa rima con ossessione. A giocare un ruolo importante in questa partita con la morte è sicuramente la prova degli attori che, tolto il tormentato e magneticamente freddo Louis Koo, può contare su altri volti storici della scena di Hong Kong come Lam Suet, Michelle Ye e Stanley Fung.

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