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Accogliere e nutrire l’Altro: cosa ci insegnano i sikh

Creato il 05 maggio 2013 da Milleorienti

Darbar SahibCosa significa accogliere gli altri chiunque essi siano? Un esempio ci viene da un bellissimo film che verrà proiettato mercoledì 5 maggio a Milano (cinema Arcobaleno ore 21) nell’ambito del 23° Festival del cinema africano, d’Asia e America Latina (il programma è qui) in corso fino al 10 maggio. Il film si intitola Himself he cooks (qui vedete il trailer su You Tube) , significa “Cucina Lui stesso” (dove  con “Lui” si intende Dio) e descrive come funzionano le cucine comunitarie del Tempio d’Oro di Amritsar (il “Vaticano” dei sikh che vedete nella foto sopra). Nelle cucine del tempio infatti migliaia di volontari sikh preparano gratuitamente almeno cinquantamila pasti al giorno per chiunque si presenti, poiché secondo il Sikhismo “Dio accoglie tutti”. A tale proposito allego qui una rubrica su questo tema che ho pubblicato sul mensile Yoga Journal in edicola. Buona lettura, attendo i vostri commenti. MR

«Siamo davvero capaci di “accogliere” gli altri? E poi: qual è il significato profondo – sia sul piano psicologico sia su quello spirituale – della parola “accoglienza”? Alcune risposte sorprendenti a queste domande mi sono venute nel viaggio che ho appena compiuto in Panjab, uno Stato dell’India settentrionale abitato in maggioranza dai Sikh. Ad ogni gurdvara (tempio sikh) è annessa una grande cucina comunitaria, chiamata langar. Chiunque di noi si presenti in un tempio sikh è invitato a entrare nel langar, sedersi a terra su una stuoia accanto agli altri e mangiare in compagnia. Può anche fermarsi a dormire se vuole. E tutto ciò gratuitamente. Sta alla sensibilità di ciascuno fare o meno un’offerta per ringraziare dell’ospitalità.

I Sikh si comportano così perché, dicono, “Dio accoglie tutti”, e poiché in ciascuno di noi c’è una scintilla divina accogliendo una persona – a prescindere dall’etnia, dal credo religioso, dalla casta – si onora Dio. L’ospitalità e l’accoglienza sono, letteralmente, sacre.
Tutto questo si fa ancora più evidente nei grandi templi delle città sante dei Sikh – Amritsar e Anandpur Sahib – dove le cucine sono capaci di sfamare decine di migliaia di persone al giorno grazie al lavoro di migliaia di volontari che, dopo il lavoro o la scuola, vanno a cucinare e a lavare i piatti per sfamare sconosciuti come me. Gratuitamente.
In uno di questi templi mi è capitata giorni fa una cosa che mi ha commosso: un anziano sikh – che non avevo mai visto prima – mi ha guardato e mi ha abbracciato, poi si è portato la mia mano alla fronte, come a benedirmi. Ero palesemente uno straniero eppure lui mi ha accolto nella sua comunità con un abbraccio che non aveva bisogno di parole.

In Italia vivono e lavorano ormai circa 70mila Sikh, e in questi anni sono sorti nel nostro Paese una ventina di gurdvara, i cui langar sono aperti a noi. Provate ad entrarci e vedrete come ci accolgono. E noi, siamo capaci di accogliere loro?». MR

amritsar


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