“accomodati…”

Da La Dona

[on air:Jamiroquai Didjital Vibrations]

Rooms for Tourists – Edward Hopper

È che quando accadono certi fatti le ferite che credevi rimarginate si squarciano. Qualcuno vìola i lembi di pelle solo accostati , non più grondanti sangue. Il sangue ricomincia a uscire caldo rigandoti le guance e ti senti vorticare in mezzo a luci, porte, mani, paure, odori, colori proteggendo con le mani il corpo affinché non ti colpiscano più.
Mi colpisce la luce di quella lampada da comodino e la lampadina al suo interno esplode lasciandomi al buio, vago a tentoni nel buio e cerco una mano che mi aiuti ma la mano è fredda e io la lascio, ne ho paura. È che fino a quando non ci passi dai dolori non li puoi capire davvero fino in fondo.È che gli sbalzi di umori e la fiducia negli altri che si trasforma in sospetto e paura appena l’altro tende una mano verso di te non li posso davvero controllare.
È che delle persone non mi fido mai fino in fondo,non ho saputo costruire molti rapporti che vadano oltre un saluto.Sono incostante, non so più parlare con il suono della voce e le mie parole le leggono in pochi.
Mi piace guardare le finestre delle case lontane, quelle in cui non posso realmente vedere cosa c’è dentro, quelle in cui vedi la luce di una lampada, di una candela o di un albero di Natale. Solo così posso immaginare le forme di vita al loro interno,sorrisi , lacrime, una pentola sul fuoco, mani che ricamano, mani piccole che pettinano una bambola, mani grandi che accarezzano, una televisione accesa, legna crepitante in un camino, un presepe, una monetina vicino al telefono, chiavi e vecchie poltrone consunte. Questi sono i rapporti che so mantenere, con chi è dentro quelle finestre, che non sa che ci sono, che non chiede e a cui non devo. È che poi qualcuno si accorge di me e talvolta mi invita ad avvicinarmi. Mi tende una mano, mi fa un sorriso, mi porge una sedia: “accomodati…”. No, non voglio quella mano, non credo a quel sorriso, non mi voglio sedere.
A quel punto indosso una maschera, una qualsiasi, la prima che trovo mi vesto con gli abiti migliori e me ne vado a cercare altre lontane finestre dentro le quali guardare. Lì vi trovo nonna che gioca con i suoi nipoti, una donna incinta, un padre al ritorno da lavoro, una torta nel forno…e la fantasia ricomincia. Fino al prossimo “accomodati…”.



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