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Acido muriatico

Creato il 27 marzo 2014 da Marina Viola @marinaviola
Acido muriaticoSono pianti solitari e disperati quelli che mi faccio in macchina ogni volta che torno da un incontro in cui si discute di Luca, del suo presente e del suo futuro. Le lacrime vengono giù da sole, e sulle guance bruciano come acido muriatico. Ci metto dentro tutto, nei miei pensieri che arrivano senza preavviso e che viaggiano più veloci del paesaggio proposto dai finestrini: la delusione di avere per tanto tempo voluto un figlio e poi essere qui con un figlio che non avrei voluto; il senso di colpa di avere questi pensieri; il viso di Luca stamattina che si è spaccato in un sorriso immenso quando mi ha visto scendere le scale, in pigiama e spettinata; l’odio per tutte le persone che non hanno mai pianto per un dolore così profondo, che anche se spiego non si capisce; quello, ancora più violento, per le persone che hanno i figli normali e non si sono mai soffermati a ringraziare dio e la madonna, e che prendono il loro essere normali per scontato; il bisogno di un abbraccio da mia mamma, ma anche la contentezza che non sia qui con me, ad assistere a questo mio dolore, per evitare anche a lei di stare male per me, come io sto male per Luca.Stamattina io e Dan siamo andati all'appuntamento con l’avvocato che si occupa di Luca, o meglio che ci aiuta a navigare i passaggi legali complessi e contorti che ci permettano di salvaguardare i diritti di Luca. Oggi in particolare siamo andati a iniziare il processo di tutela per Luca quando compie diciotto anni, e cioè a novembre. In teoria essendo maggiorenne, sarebbe considerato un adulto, ma siccome non è in grado di intendere e di volere, lo Stato lo fa per lui. A meno che noi non andiamo davanti a un giudice e diciamo: ci pensiamo noi. Il giudice valuta la nostra situazione economica, giudiziaria e di stato mentale e poi decide se noi siamo in grado di occuparci di lui. È di per sé un concetto che scatura in me molta tristezza: riconoscere che Luca sia gravemente ritardato mentale è la prima cosa che mi accoltella. Mi è subito venuta in mente una telefonata che feci a mia madre anni fa, di ritorno a uno di quei test micidiali in cui mi venne detto che mio figlio era profondamente ritardato mentale. Mi era sembrato che lo dicessero quasi con disgusto, dopo che per più di un'ora tentarono di farlo reagire a diversi stimoli. Io avevo assistito al macello, e temevo un esito devastante, che infatti venne puntuale. Piansi in macchina anche quella volta lì, ma piansi ancora più forte al telefono quando dovetti annunciarlo a mia madre. Mi ricordo di averle sbattuto la cornetta in faccia, perché pronunciare quelle parole era troppo forte per me, e mi sono sempre pentita di non avere trovato la forza di rimanere composta nel comunicarglielo, per proteggerla. Me la immagino ancora in piedi, davanti al telefono, con la cornetta a mezz’aria e gli occhi lucidi.Poi, per quanto io capisca e apprezzi il motivo per cui un giudice debba stabilire se noi siamo in grado di occuparci di Luca, la cosa mi riempie di tristezza, e anche di rabbia. Vorrei che questo giudice, che per ora non ha un nome o un viso, passasse del tempo con noi, anzi no: con Luca. Che fosse lui a essere svegliato alle tre di notte, alle tre e mezza, alle quattro, alle quattro e un quarto da un diciassettenne gravemente ritardato mentale, nudo e iperagitato. O che venga il signor giudice a pulirgli la stanza piena di merda, o a lottare per i suoi diritti, o a rinunciare a ferie, al cinema, alle gite in montagna, alle passeggiate in bicicletta, a un futuro semplice. Il giudice è in ritardo di quasi diciotto anni, a voler vedere. Aggiunge l’avvocato che solo uno di noi dovrà essere il tutore, l’altro avrà il compito di stare a casa a curare Luca così lo Stato lo paga. Siccome io ho tette e michetta, sono stata da lui designata a stare a casa, mentre Dan sarà il tutore, perché maschio, per cui per l’avvocato è scontato che sia lui a guadagnare e io a occuparmi dei bisogni di Luca. C’ha beccato in pieno, ma non pensavo che fosse così ovvio. Ho detto all’avvocato che se è per quello dovrei essere pagata da tanti anni, ma lui non ha colto la battuta, perché in effetti non fa ridere: sarei miliardaria adesso se qualcuno mi avesse pagata dall’inizio.Avere un figlio come Luca implica un disagio in ogni campo della vita di chi gli sta attorno: emotivo, pratico, giudiziario, quotidiano, futuro. Una destabilizzazione della mia vita, di quella delle mie figlie Sofia e Emma e di quella di Dan. E poi alla fine è questo che mi fa piangere in macchina.Luca, invece, va avanti come un treno, con il suo iPad e il suo sorriso perenne.Come sempre, lo invidio.

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