prendo spunto
dall’editoriale di Giovanni Sartori scritto per il Corriere della Sera il giorno di Ferragosto, per esternare una riflessione che chi si occupa di piante e di giardini credo non possa esimersi dal fare.
Il politologo, con un’eccezione alla tematica a lui più consona, affronta ‘Il mal d’acqua del mondo’ con un’analisi cruda e purtroppo alquanto realistica.
“L’acqua serve per bere, ma anche per mangiare, e cioè per l’agricoltura”, Sartori proprio nella più tipica afosa giornata agostana scrive dell’emergenza siccità che il nostro pianeta deve affrontare, dal deperimento del Gange, dovuto alla destabilizzazione dei Monsoni che portavano acqua con le copiose piogge estive e ora invece in varie zone dell’India hanno dimezzato le precipitazioni, all’impoverimento del grande fiume Nilo, la cui sopravvivenza è data dal lago Vittoria che è sceso di livello di due metri negli ultimi anni ed é invaso da alghe giganti. Per arrivare a casa nostra dove il più grande fiume Po, alimentato dai ghiacciai che stanno rapidamente esaurendosi, è “ridotto a un rigagnolo, o poco più”.
Dunque, quale senso può avere annoverarsi tra gli amanti della natura in quanto appassionati giardinieri pur sapendo che la maggior parte delle nostre piante ha costante necessità idrica, quando problemi ben più grandi della loro sopravvivenza affliggono ora il nostro sempre più povero mondo?