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Conosco Irene Campinoti da quando aveva dodici-tredici anni. Da quando giocava a pallavolo nella squadra allenata dall'amico Isaia, e che io accompagnavo alle gare.
Poi lei è cresciuta, il tempo è passato, e ciascuno a seguito la propria strada.
Un paio di anni fa, Fabio, il suo marito, ha frequentato il primo corso di fotografia organizzato assieme a Francesco, come BuccianoFotoDiarioFestival.
Mi racconta cosa ha fatto, e stava facendo. E mi racconta che scrive.
Le chiedo di farmi leggere qualcosa di suo, ed intanto mi vengono un po' idee.
A Palazzo Blu, a gennaio dello scorso anno, vado a vedere la mostra su Mirò, e resto affascinato dalle sue cartelle sulle "Costellazioni".
Eccola l'idea. Dovevo fondere immagini e parole sullo stesso supporto.
Così mi metto a far foto. Era il marzo dello scorso anno quando un sabato pomeriggio mi fermo al ponte sull'Egola, appena fuori La Serra, e mi metto a ritrarre l'acqua d'Egola che scorre lungo le rive.
Qualche giorno dopo mi arrivano alcuni racconti di Irene. Tra questi mi colpisce la narrazione di un giorno ideale. Leggendolo rivedo quell'acqua del fiume scorrere, come il tempo di quel giorno.
Ne è nata così un'opera a quattro mani. Io con le mie foto, lei con il suo racconto, e la cura per mischiare i due elementi con la grafica.
La soluzione è venuta come per caso. Mi scrive una mail che leggo a Capraia Isola, seduto al ristorante a ricaricare pensieri e volontà per rifare la traversata dopo la tempesta del viaggio d'andata. Mi chiede un'idea per la costruzione delle immagini. Io alzo gli occhi e vi vedo davanti una gigantografia in bianco e nero. Una foto del porto. E sopra di essa, in calligrafia d'altri tempi, un pensiero al mare aperto.
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