Con queste parole il Consigliere Regionale del Piemonte Marco Botta commenta l’Ordine del Giorno presentato a Palazzo Lascaris. “In Piemonte, come in molte altre regioni italiane, vi è la richiesta di molti territori di diventare sedi di Casinò” – prosegue Botta – “questa è un’opportunità importante, non certo per favorire il gioco d’azzardo, ma per completare l’offerta turistica”.
Nel 2009 sono state concesse le prime quattro licenze per l’apertura di sale da gioco a Salsomaggiore (in Emilia Romagna), Fasano (in Puglia), Bagni di Lucca (in Toscana) e Acqui Terme (in Piemonte).
L’esponente PDL ha spiegato come molte siano le motivazioni per far diventare Acqui Terme sede di Casinò, prime fra tutte il fatto che nella città termale operi da anni il “Comitato per la riapertura della sala da gioco”, di cui è Presidente Silvio Marcozzi. “Inoltre” – continua Botta – “Acqui Terme, nella sua vocazione termale, sembra creata apposta per offrire tutte le attività collegate all’apertura di una sala da gioco: shopping, ristorazione, degustazioni di prodotti locali, attrezzature alberghiere”.
Nella città della Bollente esiste già la Scuola Alberghiera, alla quale si pensa già di abbinare una Scuola per Croupier, ideata per fornire un’adeguata preparazione al personale del Casinò, che ad Acqui Terme esisteva già in passato, inaugurato il 7 giugno 1919 e aperto fino alla fine degli anni ’30.
Con l’Ordine del Giorno presentato, Marco Botta chiede quindi alla Giunta Regionale di “inserire il Comune di Acqui Terme tra i Comuni candidati ad ospitare una futura apertura di un Casinò”.
Un’idea sicuramente accattivante, non c’è che dire, e per il momento solo un’idea. Ma si può considerare un Casinò una priorità, soprattutto di questi tempi di investimenti centellinati? E di fatto, quanti posti di lavoro, precisamente, offrirebbe l’apertura di una sala da gioco? E soprattutto: quali misure ci sono in programma per proteggere tali esercizi dalle infiltrazioni criminali a cui, come è noto, questo settore fa molta gola?