Magazine Cinema
La trama (con parole mie): Jude, giovane operaio inglese di belle speranze, decide di mollare tutto e partire per gli Stati Uniti alla ricerca del padre - un militare americano che fu di stanza a Liverpool - e del sogno di una vita lontana dal cantiere navale e più libera: negli States conoscerà Max e Lucy Carrigan, e con loro inizierà un viaggio sentimentale e di crescita che porterà i protagonisti ed i loro amici ad affrontare i grandi cambiamenti dell'epoca della contestazione e del Vietnam ritmando il tutto con nuove versioni dell'immortale campionario dei Fab Four.Un omaggio ai Beatles e alla loro arte, più che per i fan della prima ora, per il nuovo pubblico della Glee generation.
Ho sempre ritenuto il musical un genere dalle enormi potenzialità, ricco di spunti e di riferimenti, in grado di stimolare l'estro dei registi ed il talento non soltanto interpretativo ma anche e soprattutto vocale degli attori, tendenzialmente sottovalutato dal grande pubblico.Eppure, nel corso dei decenni, il Cinema ha conosciuto produzioni divenute Classici e Cult a tutti gli effetti figlie di questa parte di Cinema troppo spesso etichettato dall'audience maschile come "una cosa da donne": niente di più sbagliato, tanto che una perla come il Rocky horror picture show o questo stesso Across the universe - ma sono soltanto due dei numerosissimi esempi che si potrebbero portare - hanno tutte le carte in regola per riuscire ad emozionare l'adolescente inquieta con la voglia di innamorarsi e l'uomo consumato, fosse anche soltanto mosso dall'amore per la musica.Da questo punto di vista occorre riconoscere diversi meriti all'opera di Julie Taymor, decisamente in grado di adattare il suo linguaggio e la ricca galleria di personaggi a diverse fasce di pubblico, e quando gli stessi non dovessero bastare, ecco irrompere i Beatles a salvare baracca e burattini con la loro musica, universalmente riconosciuta, amata, ascoltata, suonata e risuonata.Eppure, nonostante l'indubbia qualità del prodotto, le ispirazioni musicali, le invenzioni visive, nel corso delle due ore e passa della visione ho sempre avuto in mente che Across the universe non sarebbe mai stato niente più che "carino", un pò come quando si esce con qualcuno che potrebbe anche piacerci e non avere nulla che non va, ma ad un tempo l'impressione che il cuore suggerisce è che non abbia neanche, e tristemente, qualcosa che davvero va.Una sorta, volendo fare un paragone cinematografico, di Forrest Gump dei musical in cui tutto pare funzionare, o aggiustarsi, o semplicemente trovare rifugio nelle splendide canzoni dei fantastici quattro di Liverpool, realizzate impeccabilmente ma forse troppo legate da una linea generale tendenzialmente monocorde. Inoltre, l'impressione che tutto si muova in funzione dell'esecuzione delle canzoni stesse e non della storia finisce per minare la valutazione generale di un'opera che, con una mezzora abbondante in meno ed una maggiore attenzione alla sceneggiatura avrebbe avuto tutte le carte in regola per diventare un riferimento per il musical e non solo.
Non mancano le scene interessanti, dalla sequenza del reclutamento di Max per il Vietnam allo splendido passaggio che vede la realizzazione del quadro "strawberry" di Jude, sempre legato a doppio filo alle vicende della guerra, così come l'ottima coreografia - una delle poche davvero degne di nota - giocata sugli anni della spensieratezza da studente di Max e sull'ambiente universitario e ritmata dalle note di "With a little help from my friends", che aiutano a dimenticare passaggi meno fortunati - paradossalmente, quelli che vedono in primo piano gli ospiti illustri Bono e Joe Cocker, irritante il primo e pacchiano il secondo - e il generale appiattimento delle esecuzioni dei brani, a tratti decisamente poco ispirato.
Una mancanza d'ispirazione che non va comunque imputata al cast, perfetto per l'atmosfera dell'opera e decisamente in sintonia con le linee guida del lavoro, da Jim Sturgess a Evan Rachel Wood passando attraverso Joe Anderson, Dana Fuchs e Martin Luther, clamorosamente simili, rispettivamente, a Kurt Cobain, Janis Joplin e Jimi Hendrix.
Il risultato finale, dunque, sta in quel "giusto mezzo" che difficilmente permetterà a questa pellicola di passare alla Storia, ma ugualmente continuerà a garantirle un buon numero di sostenitori cui sarà bastato quel "carino" per affezionarsi senza doverci mettere troppo impegno: peccato, perchè con materia come quella che i Beatles hanno lasciato al mondo e alla musica, le possibilità erano pressochè infinite: una sensazione, questa, del resto non nuova rispetto alla regista, che già con Titus e Frida mi aveva dato la netta impressione di una buona mestierante cui è sempre mancata la zampata in grado di regalare al pubblico un cult a tutti gli effetti, confermata dall'occasione mancata di questo Across the universe.
MrFord
"Hey Jude don't be afraid
you were made to go out and get her
the minute you let her under your skin
then you begin to make it better."The Beatles - "Hey Jude" -
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