Bruno Martel è un attore con grossi problemi; non riesce ad essere assunto per ruoli decenti nel cinema, cosi decide di accettare l’invito di un produttore per lavorare in un porno film.
L’uomo, che ha una relazione con la bella Ann, vive un privato ugualmente problematico, visto che la moglie lo tradisce.
Sul set del film le cose non vanno meglio; Bruno, offeso dal trattamento riservato alla sua partner cinematografica, fugge dal set accompagnato dalla ragazza, non prima di aver devastato il set.
Durante la rocambolesca fuga, dapprima capita in un immondezzaio nel quale vive una tribù di giovani a metà strada tra il punk e l’emarginato per poi finire in un dormitorio, poi ancora in un bagno turco e infine in un manicomio.
Nell’immondezzaio Bruno viene aggredito, mentre la giovane Doris viene violentata; qui l’attore conosce Garibaldi, un vecchio che ha fatto del letamaio la sua abitazione.
Il set del film porno
I tre riprendono il loro viaggio che li vede alla fine arrivare in un ospedale psichiatrico, dal quale usciranno solo Bruno e Garibaldi, mentre Doris deciderà di suicidarsi.
L’ultima tappa del viaggio vede i due approdare ad una stazione di servizio, gestita da Florence, una donna di mezz’età frustrata che vive con un marito confinato su di una sedia a rotelle, un uomo gretto e malevolo che le rimproverà i continui tradimenti che la donna gli riserva.
Bruno e Florence hanno una breve relazione, interrotta dall’arrivo della polizia che insegue l’uomo…
A distanza di 11 anni da Nerosubianco, Tinto Brass prova a giocare la carta della disarticolazione del film, attraverso una vera e propria destrutturazione dell’impianto narrativo.
Il film è girato ad alta velocità, con scene che ricordano i vecchi film muti di Stan Laurel e Oliver Hardy oppure quelli di Ridolini.
Così in alcuni momenti il ritmo diventa fenetico, in altri ci si perde in immagini surreali che ricordano il citato Nerosubianco e il viaggio di Barbara inseguita dall’uomo di colore.
Il tutto mescolato a forti rimandi al cinema felliniano, del quale Brass tenta di riprendere le metafore risultando alla fine galatticamente lontano dai ropositi iniziali.
Un film che con il cinema sembra avere poco a che spartire: un’aria decadente aleggia su tutta la pellicola, mentre assistiamo allo strano viaggio di Bruno che attraversa un universo costellato di personaggi surrali, a cominciare dai due stravaganti compagni di viaggio per finire con la scena dell’uccisione dell’uomo da parte dei poliziotti che conclude il film lasciandoci con un interrogativo: quello che vediamo è reale oppure è frutto di una recita di Bruno?
Action è un film a tratti sgradevole, a tratti affascinante, a tratti noioso e incomprensibile.
E’ un helzapoppin in cui accade di tutto, inclusa la presenza di Brass nel ruolo di un regista che dirige Bruno e che decide di cacciarlo quando quest’ultimo, inseguito dalla polizia, si esibisce in un assurdo balletto in stile Cantando sotto la pioggia, oppure accade di vedere la giovane attrice Doris costretta ad umiliarsi per compiacere il produttore del film hard, accettando di orinare in un gabinetto mentre viene ripresa dal regista.
La ragazza che sogna l’Amleto di Shakespeare è costretta a fare i conti con la realtà, ed è proprio Bruno a strapparla alla degradazione coinvolgendola in una fuga che culminerà nella violenza di gruppo in un paesaggio quasi lunare, in quel campo sommerso dalle immondizie in cui si muove un gruppo di alienati Punk.
Il film prosegue così verso il finale, che probabilmente è la parte migliore, quella più lineare, in cui assistiamo all’incontro tra Bruno e Florence e contemporaneamente vediamo la moglie di Bruno tradirlo volgarmente, mentre l’astioso marito paralitico di Florence avvisa la polizia della presenza di Bruno.
Raccontato così Action sembra avere quasi una logica, un percorso che è possibile seguire senza grossi problemi.
In realtà così non è, perchè le immagini surreali, meta cinematografiche si sovrappongono ad un ritmo che alla fine crea davvero fastidio nello spettatore, inclso l’utilizzo del turpiloquio mai così presente in un film di Brass.
Ad aggravare le cose c’è la voce chioccia di Luc Merenda che non viene doppiato rendendo il film molto più simile ad una commedia sexy che ad un film con qualche pretesa di dignità.
L’attore recita da dilettante, come richiesto dal regista veneziano, così come volutamente oltre le righe sono tutti i personaggi del film; che alla fine va preso o ripudiato in toto, senza altra possibile alternativa.
Brass smonta il cinema stesso, rendendolo una via di mezzo tra una comica e un qualcosa di completamente opposto, attraverso un linguaggio spesso surreale, spesso triviale, attraverso anche l’utilizzo di una serie industriale di nudi, tra i quali anche quelli integrali di Luc Merenda.
La sequenza nel campo/immondezzaio
Un film anarchico, volutamente senza capo ne coda, che termina quasi nello stesso modo i cui inizia.
Il surreale viaggio di Bruno avviene davvero o è semplicemente frutto di un copione cinematografico?
Alla fine, le raffiche dei poliziotti mettono fine al suo viaggio o abbiamo solo assistito ad una rappresentazione che sbertuccia i nostri valori e i capisaldo della nostra morale?
Poichè non c’è alcuna risposta a questi quesiti, inutile lambiccarsi il cervello.
La sequenza del bagno liberatorio, protagonisti Adriana Asti e Luc Merenda
Certo, vedere Brass che passa da quest’opera a La chiave lascia davvero perplessi.
La cosa più sorprendente è che il regista veneziano veniva da due opere molto controverse, Salon Kitty e Caligola, che sceglie coscientemente di tornare alle opere degli esordi, quando si era segnalato per la sua originalità e visionarietà.
In Action compare un cast molto variegato: si va da Adriana Asti, che da spessore al personaggio della “benzinaia”
Florence ad Alberto Lupo, che recita sulla sedia a rotelle sulla quale era confinato da tempo in seguito ad un ictus che lo aveva colpito, e che riesce a rendere visivamente odioso il personaggio del marito di Florence.
Brave anche Susanna Javicoli, la svampita Doris che sogna di recitare Shakespeare e che invece finisce nel cast di un film porno e brava Paola Senatore, che interpreta Ann moglie di Bruno.
Spazio al surreale Alberto Sorrentino che sembra un clone del grillo parlante nei panni di Garibaldi e a John Steiner, assistente di Brass regista nella pellicola.
Action, un film di Tinto Brass. Con Alberto Lupo, Adriana Asti, Luc Merenda, John Steiner, Paola Senatore, Alberto Sorrentino, Franco Fabrizi, Eolo Capritti, Tinto Brass, Giancarlo Badessi, Luigi D’Ecclesia, Susanna Javicoli
Drammatico, durata 121 min. – Italia 1980.
Adriana Asti e Alberto Lupo
Luc Merenda … Bruno Martel
Adriana Asti … Florence
Susanna Javicoli … Doris
Paola Senatore … Ann Shimpton
Alberto Sorrentino … Garibaldi
John Steiner … L’assistente del regista
Alberto Lupo … Joe marito di Florence
Franco Fabrizi … Il produttore del film porno
Regia Tinto Brass
Soggetto Tinto Brass
Sceneggiatura Tinto Brass, Vincenzo Maria Siniscalchi
Casa di produzione Ars Cinematografica
Fotografia Silvano Ippoliti
Montaggio Tinto Brass
Musiche Riccardo Giovanini, Blue Malbeix Band
Scenografia Claudio Cinini
Costumi Jost Jakob
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Viaggio allucinante e delirato; meglio: alterato. La visione del mondo filtrata attraverso la pornografia; il sesso come propulsore alle tensioni (a)razionali dell’essere umano; la purezza (data dall’ingenuità) generata da contesti di nudo onirici e -pertanto che tali- genuini. È un Brass libero dalle briglie, che si permette di apparire (poiché si sente, come di fatto è, Autore) e fare metascrittura. Action è la parodia del cinema che si rivolta su se stesso, che come una spirale inghiotte attori bravi (e belli: Senatore, Merenda) nel vuoto.
Anarcoide e delirante. Sconnesso viaggio meta cinemtografico tra realtà e finzione, pornografia e goliardia, che Brass mette in scena con un provocatorio gusto surreale, onirico, grottesco e ricco di citazioni (da una Londra lurida e suburbana popolata da teppistelli punk che ricorda “Jubilee” di Jarman alla coppia della stazione si servizio di Ossessione). Merenda è autoironico e si doppia da sé; la Senatore e la Javicoli splendide nei loro nudi integrali. E poi un Lupo dall’insulto facile, la Asti, Sorrentino, Fabrizi, Capritti e il “bidiano” Bullo.
All’insegna dell’ “I can’t believe it! ” dal primo all’ultimo fotogramma: che aveva bevuto, mangiato e fumato Brass quel giorno? Quanto stava malissimo da 1 a 2? Talmente squinternato, scombiccherato e scocomerato e sopra/sotto/oltre le righe da essere sublime e da rasentare il capolavoro. L’anello mancante tra Zulaswki in acido e il più sbertucciato Lindsay Anderson. Se si sta al gioco, una goduria e uno spasso assoluti. Di certo l’ultimo Brass considerevole prima della china e in assoluto la cosa più folle che mi sia capitata davanti alle iridi.
Anomalo (ma non per l’epoca) pastiche anarchico di Brass, un grande direttore della fotografia promosso a regista. Che dire: è brutto ma di una bruttezza tutta sua tra velleitarismi e sincera trasgressione, nudità naturale e pornografia, con una trama che sembra costruita giorno per giorno (e forse in parte lo è). Siamo alla fine del sogno di libertà coltivato negli anni 60/70 e questo film nei pregi e difetti anticipa di molto il decennio a venire. Da vedere almeno una volta, con un po’ di pazienza. L’anziano Sorrentino fa il vecchio Garibaldi.
Un film del genere può essere accolto in diversi modi che lo possono fare apparire una vaccata o un capolavoro. Per quello che mi riguarda vale la prima opzione. Brass non mi ha mai detto niente che non fosse la sublimazione del corpo della donna e tutto quello che ne può derivare, dalla poesia più pura all’ultima delle depravazioni. In questo “Action” quello che disturba è che Brass ha voluto tentare il contrabbando di innovazioni e creazioni rubando a man bassa da Kubrick, Fellini, Pasolini, Visconti in un pastiche velleitario e deplorevole.
Difficile giudicare un film del genere, dove i personaggi e le situazioni sono talmente surreali da non riuscire a trovare il bandolo della matassa a fine film. Il tutto diventa una sorta di viaggio allucinante dove si mescolano scene kubrickiane ad un vivace erotismo fatto di nudi integrali e sogni deliranti (un Brass d’altri tempi). Ottimo Merenda, straordinaria la Javicoli.
Delirante e visionario al limite del sublime! Un Brass senza freni che si lascia andare ad un’anarchia assoluta. Anarchia del linguaggio, della sceneggiatura, della messa in scena, insomma l’anarchia che ha contraddistinto il regista in molte delle sue opere (come nEROSubianco o L’urlo). Film che andrebbe visto almeno due volte; personalmente, se alla prima visione sono arrivato a fatica alla fine, la seconda volta l’ho trovato delizioso.
Veramente molto interessante questo esperimento di meta-cinema di Tinto Brass in cui l’autore, oltre alle solite scene di nudo, riesce anche a fare un discorso sul cinema e sulla realtà, sulla rappresentazione e sulla percezione. Un film molto sperimentale che mescola cinema di genere (il porno con il gangster-movie) a quello autoriale con echi della New Hollywood anni 70.