Ad Lucem (Arpanet, 2012) di Alessandro Cortese è il seguito di Eden (2010). Il romanzo precedente si presentava come un testo di facile fruibilità, per il linguaggio scorrevole e la rapidità di lettura, caratteristiche capaci di catapultare il lettore in Paradiso, o forse sarebbe meglio dire all’Inferno.
Perché la città di Eden, teatro dell’azione, altro non è che uno stato di polizia, dove i cherubini assomigliano a spietati censori e l’arcangelo Michele è Inquisitore del Regno, ligio a quanto ordinato dal Grande Padre, l’Altissimo e Glorioso Signore Iddio.
Dopo Eden, l’autore siciliano segna un deciso passo avanti con Ad Lucem, un volume di circa 400 pagine, massiccio esempio di narrativa fantasy ma nel senso più atipico; non è un segreto che il fantasy peschi a piene mani dai vecchi miti religiosi e dalle antiche leggende, infatti, ma per quanto sembri paradossale non è questo il caso: i miti cristiani della Genesi sono chiaramente usati per la costruzione della storia, complessa e ben articolata, così è facile trovarsi davanti ad Adamo ed Eva, a Caino e Abele, camminando per le strade di Sodoma e Gomorra o provando a sfuggire alle acque del Diluvio, in un contesto che ricorda un po’ il Caino di Saramago, eppure non mancano continui riferimenti ai più antichi miti sumerici o ai miti egiziani, partendo dalla creazione dell’Universo per arrivare sin sulla soglia dell’Apocalisse.
In quest’ottica, i lettori appassionati di questi argomenti avranno piacere di leggere l’appendice che chiude il volume: si tratta di 50 pagine che, grazie alla continua presenza di note bibliografiche e precisazioni, permettono di comprendere, e magari di ripercorrere, la strada fatta dal narratore per costruire la sua storia. Una conclusione a carattere saggistico, quindi, che si concentra sulle fonti.
Ad Lucem non è soltanto accademia, però, quindi guardiamo il libro per quel che è maggiormente: un romanzo di genere fantastico che ha, nel tema classico del viaggio, il suo impianto strutturale. Gli elementi tipici sono tutti presenti: dalla fuga alla ricerca e dalla prigionia all’evoluzione psicologica del protagonista; se in Eden, infatti, Lucifero era un capo libertario e comunista, gli eventi della caduta e gli istanti successivi giustificano adesso il modo nuovo che ha di guardare le cose. In mezzo a tutto il resto, Il testo pone l’occhio sulla nascita ed evoluzione politica del dittatore, quell’angelo della luce prima custode del lume di Yahweh e ora Imperator del Doloroso Regno, senza dimenticare la sua natura prometeica: durante la lettura sono continui i rimandi a concetti come superamento dei limiti, evoluzione personale e ribellione.
Stilisticamente, Ad Lucem ha la particolarità d’essere stato scritto con un linguaggio sicuramente sontuoso ma che non annoia, e spesso la costruzione della frase suggerisce l’origine geografica del narratore, perché le espressioni sono italianizzate dal siciliano ma, nel contesto generale, si sposano perfettamente con l’incedere del racconto, cinematografico e rapido nonostante l’uso frequente della descrizione degli ambienti; così la vista del lettore si concentra ora sul gigantesco profilo della città di Ade e poi sugli spazi angusti delle stanze del Signore Iddio, spostandosi dall’Inferno al mondo degli uomini e poi di nuovo in alto, sulle strade di Eden, la Città Celeste.
Anche nella scelta dei protagonisti è stato mantenuto quanto fatto nel romanzo precedente: che Lucifero sia l’indiscusso padrone della scena è ovvio, lo è un po’ meno scegliere il punto di vista di uno dei suoi apostoli, l’arcangelo Sariel, per raccontare il metodo con cui si porta avanti una sorta di evangelizzazione dell’Abisso, ed è sicuramente curioso il modo che ha l’autore di sganciarsi dal protagonista principale per andare altrove, sistemando pezzi diversi, e punti di vista diversi, dentro al teatro che mette in piedi. La scelta, tecnicamente, è quella di abbandonare la narrazione lineare, la storia che ne risulta è quindi frammentata e sta al lettore non perdere il filo e ricordarsi della cornice, un contesto ricco di citazioni dai Vangeli, dalla Divina Commedia o da Pinocchio, o altri omaggi più oscuri a Pasolini ed a Bakunin e al teatro d’ogni tempo, da Seneca ad Euripide, da Shakespeare a Pirandello.
In conclusione, Ad Lucem è un romanzo dotto, denso e a tratti abbastanza complesso, ma solo per chi voglia lasciarsi sprofondare nell’universo di Cortese, in un mondo fatto di misticismo che incontra l’esoterismo, dove la matematica è alchimia e la biologia molecolare spiega l’operato degli dèi; tutti gli altri potranno leggere una storia che spiega cos’è successo a Lucifero tra la caduta dal Paradiso e il suo assurgere a sovrano della Città Dolente.
Il lettore non si aspetti santi o eroi, però, perché non ci stanno né gli uni né gli altri; al contrario, l’inclinazione di ciascuno rende i coprotagonisti molto spesso mostruosi, privi sia di morale che del concetto di giusto e sbagliato, com’è giusto che sia, essendo giusto e sbagliato nozioni puramente umane; alcuni passaggi del testo, a cominciare dal prologo del libro, sono estremamente cruenti, anche da un punto di vista visivo, sebbene la violenza non sia mai gratuita ma funzionale al pathos. In tutto questo, però, il carattere dei personaggi, riferendomi ad esempio a Lilith, a Chirone od a Nesso, emerge in modo splendidamente naturale e coerente in un’opera che farà discutere, in bene e in male, ma che di certo non lascerà il lettore indifferente.
Written by Giada LaNera
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