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Quanto sollievo, alle volte, può destare un capello bianco, perchè Adeline sembra una giovane donna impiegata in una biblioteca, ma in realtà mentre, intenta a sbobinare una vecchia pellicola dei primi anni del 900, attraversa eventi, luoghi, accadimenti, ci fa scorgere in quelle immagini proiettate, momenti salienti della sua vita che si è fermata appunto in un giovane tempo. Tutto ebbe inizio nel 1908 quando ella nacque, eppure giureresti che l'ambientazione non ti è sembrata così vetusta; poi ormai cresciuta, ebbe un tragico incidente con la sua automobile, momento tragico in cui rischio’ la vita, se non fosse stato per la coincidenza di fenomeni fisici, climatici e forse anche di magia che la coinvolsero a tal punto da restituirla da quel momento in poi per sempre giovane alla vita. Adaline da quel momento in poi cessa d'invecchiare, si fermerà per sempre a 29 anni. Ogni dieci anni, per non finire in un laboratorio come cavia, deve però cambiare vita e identità, uffici, lavori, persone, ambienti..ma non sicuramente l’amore per sua figlia, che, intanto, cresce, invecchia e sembra sua nonna. Adaline (ma anche Jennifer e altri nomi) è testimone di quel “diventare spettro” a cui si riferiva Barthes quando assimilava la fotografia ad un’esperienza di morte. Poco scavo psicologico, possibile che la figlia sia così serena e senza traumi nel vedere sua madre sempre così giovane? Scontato il finale e privo di colpi di scena, tutto viene salvato da recitazione e fotografia.
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