GONE BABY GONE
Kahlil Gibran, nelle Massime Spirituali scrisse: “Dio mi liberi dalla saggezza che non piange, dalla filosofia che non ride, dall’orgoglio che non s’inchina davanti a un bambino”. Credo che proprio di questo orgoglio e di questa saggezza parli la spirale di Gone Baby Gone. Un film sui bambini, un doppio battesimo. Ben Affleck alla sua prima regia conferma d’essere amico di Matt Damon per qualcosa, anche lui sceneggiattore. Lo fa con il primo adattamento dedicato a Patrick Kenzie ed Angie Gennaro, coppia di detective creati da Dennis Lehane ai tempi de Un drink prima di uccidere. Il Lehane di Mystic River è lontano, non c’è l’ombra di Proust in questi thriller, cinque fino ad ora, tutti tesi e veloci. Umidi come Boston. L’adattamento che ne ha fatto Affleck insieme ad Aaron Stockard (che scrisse Talented Mr. Ripley con Damon: tana per Ben!) si concentra molto sulla città, sulle umanità disgregate che la compongono, lasciando da parte la pasta dei protagonisti. Non c’è vera tensione tra loro. E’ solo accennata l’origine irlandese di Patrick, sottolineata dall’accento di Casey Affleck, e scompare – non lo scrivo solo perché ho una cotta per lei – quella Angie Gennaro dura, bella e statuaria che deve scendere a compromessi coi parenti mafiosi italoamericani. Pat ed Angie sono territori di confine. Irlanda e Italia, il fango primordiale che ha fatto Boston. Due anime maledette costrette a buttarsi nel buio che le persone hanno dentro. Un po’ dalla parte della legge e un po’ dalla parte della giustizia, che non vanno mai di pari passo. La versione teen di Affleck non li lascia respirare a dovere. Lehane, ne La casa buia, che è il quarto romanzo della serie, ce li ha consegnati più maturi, disincantati e sessuosi. La spirale, però, riesce comunque a colpire dove deve. Uppercut sotto la vita. Buone storie!
ADAPTATION è stata una rubrica che per qualche anno ho portato avanti sulla rivista FILM TV, siccome mi è stato chiesto di riproporre gli articoli online approfitto del 2.0 e ci aggiungo trailer e copertina del libro. Come dice il titolo, infatti, il pretesto della rubrica è quello di parlare del rapporto che c'è tra libri e film. Come scrittore e sceneggiatore, mi sono occupato di adattamenti per un bel po', e ci ho trovato molti spunti. Spero che ne troverete qualcuno anche voi. Le storie ne son piene.