Bob Hoskins (www.film.com)
Ci lascia l’attore inglese Bob Hoskins, morto ieri, martedì 29 aprile, a Bury, sua città natale (1942), per le conseguenze di una polmonite.
Aveva dato l’addio alle scene nell’agosto di due anni addietro, una volta appreso di essere affetto dal morbo di Parkinson, il tempo di offrirci un ultimo saggio del suo disinvolto eclettismo di puro stampo anglosassone, con l’interpretazione del nano Muir ne Biancaneve e il Cacciatore (Snow White and the Huntsman, 2012, Rupert Sanders). Volto da “duro”, proprio di chi nella vita ne ha viste di cotte e di crude prima di trovare un porto sicuro dove poter approdare, come evidenziato dai tanti lavori svolti una volta conclusa la scuola del’obbligo (le fonti riportano impieghi quali marinaio, aiuto pompiere, mangiatore di fuoco in un circo), con una curiosa espressione sospesa fra un malcelato sorriso ed una rabbia sempre prossima all’esplosione, Hoskins aveva comunque già maturato in sé una passione per il teatro che lo spinse, dopo essere stato notato casualmente nel corso di un provino (aveva accompagnato un amico), a frequentare la Central School of Speech and Drama di Londra.
Una volta portati a conclusione i corsi, gli venne garantito l’ingresso nelle più prestigiose compagnie inglesi.
(Wikipedia)
Parallelamente all’attività teatrale, Hoskins debuttava al cinema, una piccola parte nel film Up the Front (1972, Bob Kellet), per una carriera sul grande schermo che sarebbe decollata, dopo una serie di partecipazioni ad alcune produzioni televisive, a partire dal 1979 (Il pornografo, Inserts, John Byrum), ottenendo infine il primo ruolo da protagonista in Quel lungo venerdì santo (The Long Good Friday, 1980, John Mackenzie). Seguirono quindi ruoli in pellicole come Cotton Club (The Cotton Club, Francis Ford Coppola, 1984), Brazil (Terry Gilliam, 1985) e, soprattutto, Mona Lisa (1986, Neil Jordan): Hoskins ritornava protagonista offrendo un’intensa interpretazione nella parte di George, un uomo intento a rifarsi una vita dopo aver scontato sette anni di carcere per un reato di cui continua a proclamarsi innocente, che gli valse il premio come Miglior Interprete Maschile al 39mo Festival di Cannes, cui andarono ad aggiungersi un BAFTA ed una nomination all’Oscar dall’eguale motivazione. L’affermazione definitiva si avrà però nel 1989, con Chi ha incastrato Roger Rabbit (Who Framed Roger Rabbit, Robert Zemeckis), ulteriore testimonianza dell’innata capacità dell’attore britannico di passare con una certa disinvoltura dal drammatico al comico.
Roger Rabbit, Hoskins e Jessica Rabbit
La citata pellicola ne evidenziava anche la mancanza di alcun timore nel mettere in atto particolari sperimentazioni, quale un ruolo umano, il tormentato detective privato Eddie Valiant, accanto ai protagonisti di Cartoonia-Toontown, un’interazione forse mai così efficace, in particolare col coniglio Roger, dando vita ad una coppia cinematografica fra le più caratteristiche e riuscite nel suo mix di realtà e fantasia.
Tra i tanti titoli che si sono succeduti negli anni, l’elegante e briosa commedia Sirene (Mermaids, 1990, Richard Benjamin), Hook-Capitan Uncino (l’indimenticabile ruolo di Spugna, 1991, Steven Spielberg), Nixon-Gli intrighi del potere (Nixon, 1995, Oliver Stone), Il viaggio di Felicia (Felicia’s Journey, 1999, Atom Egoyan), Il nemico alle porte (Enemy at the Gates, 2001, Jean-Jacques Annaud). Molti, dunque, i personaggi interpretati, cui Hoskins è riuscito ad offrire un particolare avvicendarsi fra ironia e durezza, senso della sconfitta e grande energia, delineando in definitiva una profonda umanità, stemperata con efficacia dalla bravura propria dell’attore; Hoskins prese parte anche ad alcune mini serie televisive italiane come Il Papa buono (2003, Ricky Tognazzi), dove interpretava Giovanni XXIII o Pinocchio (2009, Alberto Sironi), nel ruolo di Geppetto, e si cimentò nella regia (La vita maestra, The Raggedy Rawney, 1998; Rainbow, 1996).