Eli Wallach (Wikipedia)
La notizia è stata confermata ai media americani dalla figlia Katherine: Eli Wallach, l’indimenticabile Tuco (Benedicto Pacífico Juan María Ramirez), il “brutto” protagonista del capitolo conclusivo dell’ideale Trilogia del dollaro di Sergio Leone, insieme al “buono” Clint Eastwood e al “cattivo” Sentenza/Lee Van Cleef, è morto ieri, martedì 24 giugno, a New York, all’età di 98 anni. Un ruolo, quello del ghignante bandido di mezza tacca, dai modi spicci e poco avvezzo alla diplomazia (“Quando si spara si spara, non si parla!”), a lui, proveniente dalla scuola dell’Actors Studio di Lee Strasberg, certo congeniale, come d’altronde ebbe modo di dichiarare (“Da attore ho interpretato un intero campionario di banditi, ladri, signori della guerra e molestatori”) durante la cerimonia d’assegnazione dell’ Oscar alla Carriera, nel 2010.
Un riconoscimento che, come solitamente accade, appariva in veste di risarcimento tardivo, considerando le notevoli interpretazioni, egualmente talentuose e versatili, offerte da Wallach nel corso della sua carriera, a partire dal folgorante debutto sul grande schermo in Baby Doll (1956, Elia Kazan) nel ruolo del lascivo ed ambiguo Silva Vacarro, dopo gli esordi teatrali a Broadway nel 1945 con la pièce Skydrift, cui seguì nel 1948 The Rose Tatoo di Tennessee Williams, per cui ottenne un Tony Award.
Carrol Baker e Wallach in “Baby Doll”
A suo agio tanto nell’ambientazione urbana (The Lineup, Crimine silenzioso, Don Siegel, 1958), che western (il villain Calvera, capo banda messicano, ne The Magnificent Seven, I magnifici sette, 1960, John Sturges), Wallach ha dato prova d’intense sfumature recitative, alternando toni dolenti o venati di una certa malinconia, per quanto resi in scena sempre con una certa fluidità (il meccanico Guido in The Misfits, Gli spostati, John Huston, 1961), ad altri più ironici ed anche eleganti (Come rubare un milione di dollari e vivere felici, How to Steal a Million, William Wyler, 1966, pellicola in cui recitava accanto ad Audrey Hepburn e Peter O’Toole), conoscendo infine la grande notorietà internazionale col citato Il buono, il brutto e il cattivo, dove appariva come l’unico delle tre facce di cuoio, accomunate dall’unico ideale di salvare la pelle e il proprio tornaconto, fra estremo individualismo e picaresca anarchia, ad avere non solo un nome, ma anche dei trascorsi ed una psicologia ben definiti, premiando così l’intuizione, tanto di Leone quanto degli sceneggiatori (Age & Scarpelli, Luciano Vicenzoni, Sergio Donati), di farne una figura centrale all’interno del nucleo narrativo.
Wallach/Tuco ne “Il buono, il brutto, il cattivo” (The Guardian)
Da ricordare anche, fra i tanti ruoli interpretati, ancora una volta un bandito, Cacopoulos, e di nuovo in un western italiano, I quattro dell’Ave Maria, 1968, diretto da Giuseppe Colizzi, accanto alla coppia Bud Spencer- Terence Hill (“nata” l’anno precedente con Dio perdona… Io no!, a costituire un trittico con La collina degli stivali, 1969), poi l’affermazione negli anni ’80 come attore televisivo, proseguendo, sempre alternando palcoscenico e cinema, negli anni ’90 e sino al 2010, lasciando il segno in pellicole come Il padrino –Parte III (The Godfather, Part III, 1990, Francis Ford Coppola), Mystic River (2003, Clint Eastwood), L’amore non va in vacanza (The Holiday, 2006, Nancy Meyers), L’uomo nell’ombra (The Ghost Writer, 2010, Roman Polanski), Wall Street:il denaro non dorme mai (Wall Street: Money Never Sleeps, 2010, Oliver Stone).
Piccole parti, ben definiti ruoli da caratterista, sempre idonei a ricordarci l’essenza di un grande attore, capace di conciliare istrionismo e naturalezza recitativa, ironia e genuino disincanto.