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Addio al Bus di Into the Wild: quando l’avventura diventa una tragedia perenne

Creato il 24 gennaio 2014 da Moveup

Scritto da: Nina Catalano 24 gennaio 2014 in Notizie dal mondo Inserisci un commento 61 visite

bus into the wild

Stare fermi è esistere, viaggiare è vivere ...

Una storia che fa riflettere quella di Chris McCandless, il giovane ragazzo trovato morto dentro il Bus di Into The Wild, bus diventato famoso a seguito del racconto di Krakauer e passando per il celebre e omonimo  film Into the Wild di Sean Penn. Oggi meta di molti turisti alla ricerca del proprio io interiore.

Dopo una lunga battaglia che ha visto i vigili del fuoco e la protezione civile dell’Alaska lottare affinché questo bus maledetto venisse rimosso, oggi arriva la notizia del consenso.

IL CASO:

Non tutti infatti sanno che il territorio in cui si trova il famoso bus targato 142 ( abbandonato a se stesso e  rimasto fermo per molti anni dopo aver lasciato a piedi un gruppo di persone che si recavano nelle miniere) si trova distante da luoghi abitati, in un territorio  grande quanto 5 volte l’Italia. Venne trovato maledettamente nel 1992 dal giovane Chris originario di Washington alla ricerca di una esperienza per l’appunto  ”Into The Wild”.

Il ragazzo si munì di viveri per cibarsi per poco più di due giorni; nello zaino aveva oltre al cibo, due libri e un sacco a pelo. Il resto lo avrebbe trovato nel luogo, mangiando bacche e animali selvatici. Aveva deciso di realizzare un sogno, quello di provare l’ebrezza della sopravvivenza e dell’incontro con i popoli vicini.

Chris McCandless venne trovato morto nel suo sacco a pelo dentro quel bus oramai con i vetri rotti.

Dopo il film, il bus maledetto divenne meta prediletta di atri giovani che seguendo le scie dell’Eroe americano, si cimentavano nella fatidica impresa dell’esperienza into the wild. Ogni anno oltre un milione  e mezzo di turisti si accingevano a raggiungere il luogo magico, che in periodo di siccità non destava problemi.

La minaccia arrivava di inverno e non per via degli orsi bruni, ma a causa di due fiumi che gonfiandosi non lasciano scampo alle persone che incontrano. Giovani o meno giovani che per pura curiosità affrontavano viaggi disumani, per fotografare un luogo diventato presto sinonimo di libertà, venivano dai fiumi travolti.

Il lavoro sporco e di recupero restava ai vigili e alla protezione civile, agli stessi abitanti del luogo, gli stessi che gli avventurieri volevano conoscere. Allertati dalla chiamate, i nativi della zona andavano a soccorrere i turisti in difficoltà, smarriti nella montagne bianche del Monte McKinley.

Oggi è stato possibile porre fine a questo inutile strazio… che vede si,  la conquista di posti incantati come scorgere una semplice seppur pazzesca Aurora Boreale. Ma la gente del luogo lo sa bene.. l’Alaska non perdona.


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