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Addio all’estate – Ray Bradbury

Creato il 24 maggio 2012 da Maxscorda @MaxScorda

24 maggio 2012 Lascia un commento

Addio all'estate
Ray Bradbury e per chi legge fantascienza, gia’ basta la parola mentre tutti gli altri, si accontentino del solo "Fahrenheit 451" giusto perche’ non si pensi che Truffaut o Rai Tre abbiano inventato qualcosa di nuovo.
Ragazzo classe 1920, nel 2006 da’ alle stampe "Addio all’estate" nel seguito de "L’estate incantata" uscito cinquant’anni prima.
Di fantascienza qui non c’e’ traccia anzi mai stato coi piedi per terra piu’ di cosi’, nei struggenti rimandi alla terra delle sua infanzia e alla sua gioventu’.
Il racconto e’ ambientato nell’Illinois del 1929 e narra di una strana guerra tra giovani e vecchi, i primi nell’arrogante inconsapevolezza del tempo che passa, i secondi nella tragica consapevolezza del tempo gia’ passato.
Bradbury incrocia i ricordi e le considerazioni di un uomo che inevitabilmente vive con un importante passato alle sue spalle e col conflitto di chi sente di avere ancora tanto da dare ma la natura per quanto con lui generosa, sta rassegnando le premesse per la fine della corsa, ponendo a confronto gli estremi dell’esistenza umana come unico mezzo per trarre qualche risultato, per rispondere alla millenaria domanda "perche’ viviamo".
Se l’Alvin Straight lynchiano non supera il conflitto della sua realta’ da anziano che ricorda tristemente il se stesso giovane, Bradbury certo per ragioni anagrafiche, pone al contrario le parti in conflitto tra loro che risolve con la pace di una staffetta passata dal piu’ anziano al piu’ giovane, il primo nell’immortale certezza di non perdersi nel Nulla cosmico, l’altro nel passaggio di consegne di un nuovo mondo. 
Confesso che all’inizio ho faticato non poco per entrare nella lettura che a primo acchito mi era parsa una sterile raccolta di immaginine ben descritte e nulla piu’. Quasi mi convincevo di aver a che fare con uno scrittore al quale oramai si doveva concedere lo stile come unica risorsa a lui rimasta, poi un guizzo e la svolta determinante nel senso, nella comprensione e quando la tecnica di scrittura si e’ fatta corpo nella narrazione, mi ha incantato e affascinato, rivelandomi alcuni capitoli, in tutti i sensi, da manuale.
Purtroppo non e’ da escludere che questo sia l’ultimo romanzo dello scrittore ed e’ forte, quasi drammatico il senso del passaggio, il bisogno di trasmettere il ricordo e cercare, consolidare il senso della propria esistenza in un’idea che non sia astrazione bensi’ testimonianza di un bene da non disperdere.
Finale commovente, straziante eppure dolcissimo nella semplice osservazione del tempo che passa e in fondo e senza retorica, Bradbury conclude il libro e non solo, ricordando che la piu’ fantastica storia mai raccontata e’ la Vita.


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