Addio “Cuore matto”. L’Italia di Little Tony non abita più qui

Creato il 28 maggio 2013 da Rosariopipolo

Antonio Ciacci sognava l’America, affacciato dalla finestra dell’Italia paesana e di periferia della fine degli anni ’50. Sognò un ciuffo cotonato alla Elvis Presley posto della capigliatura sottomessa alle forbici dei barbieri del Belpaese degli anni del boom. Gli affibbiarono un nome per scimmiottare il Little Richard d’oltreoceano, senza pensare che tradotto all’italiana rischiava di essere buffo e provinciale: Toniuzzo, Tonino, piccolo Tonio, fate voi. Senza lo scempio della traduzione suonava meglio perchè sembrava venuto da lontano: Little Tony, appunto. Agli inizi i suoi movimenti non ancheggiavano alla maniera spudorata dell’Elvis di Hound Dog – l’Italia democristiana bigotta e clericale non lo permetteva – ma fecero pensare a qualcuno che l’Elvis italiano sarebbe sopravvissuto nell’iconografia pacchiana e folcloristica dell’Italia da balera, risucchiato dal cinema dei musicarelli a cui prese parte.

Non fu così perché “Cuore matto”, “24000 baci” e “Riderà” fecero di Little Tony il paladino del rock all’italiana, quello che mischiato al pop melodico fece sognare e innamorare le ragazze yée-yée, tra cui mia madre. Molte di quelle ragazze qualche decennio dopo si diedero a nuove frequentazioni, dietro i movimenti femministi. E dentro quell’urlo da megafono non potevano esserci più le canzoni di Little Tony, ma quelle impegnate dei nuovi cantautori. Alcune lo rinnegarono, in tante lo tennero stretto al cuore, proprio come mia madre che la sua rivoluzione la fece tra quattro mura domestiche. Come mamma, moglie e casalinga agguantò le note della melodia di “Riderà” e le trasformò nello striscione su cui era scritto una parte della sua vita.

L’Italia di Little Tony è morta almeno tre decenni fa, forse negli stessi anni in cui la voce di Antonio Ciacci intonava “Profumo di mare”, la sigla del famoso telefilm “Love Boat”. Ci resta però in questa galassia di canzoni orecchiabili e disimpegnate il poster gigante di una generazione che non tradì mai le proprie origini, perchè sapeva da dove veniva e dove voleva andare. Proprio come Little Tony, con cui trascorsi un intero pomeriggio a Bologna venti anni fa. Poi scomparve sfrecciando su un’auto sportiva prima che calasse il sole, proprio come ora viene meno una promessa che non posso più mantenere. La dedica in sospeso ad una fedele fan delle mie parti, a cui avrebbe dovuto scrivere: “A zia Angelina. Un bacio, Little Tony”.


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