Il dott. Richard Isay, docente di psichiatria al Weill Cornell Medical College e membro del Columbia University Center for Psychoanalytic Training and Research, è morto ieri, 29 giugno, per un cancro, all’età di 77 anni.
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Il motivo per cui ne diamo la notizia in questo blog è che Isay è stato un importante sostenitore dei diritti delle persone omossessuali, che ha lottato per persuadere i suoi colleghi a smettere di considerare l’omosessualità come una malattia: “Ha cambiato il modo in cui il mondo della psichiatria vedeva il concetto di omosessualità. Era un pioniere, un uomo davvero coraggioso. E’ stato attaccato dagli psicoanalisti. Ha avuto un sacco di critiche” spiega il dott. Jack Drescher, autore del libro “Psychoanalytic Therapy and the Gay Man”.
Ma nonostante gli ostacoli, Richard Isay, sposato e con due figli, che ha ammesso con se stesso di essere omosessuale solo all’età di 40 anni, non ha smesso di lottare contro la visione dell’omosessualità come qualcosa da curare con una terapia, in un contesto in cui i professionisti dichiaratamente gay erano esclusi dalle istituizioni accreditate dall’American Psychoanalytic Association, il più vecchio e influente gruppo di analisti degli Stati Uniti.
Nella prima fase della sua carriera il dott. Isay condivideva la visione comune, e preoccupato per il proprio orientamento sessuale, riteneva che l’analisi potesse aiutarlo.
La terapia durò dieci anni, e quando l’analisi terminò, e lui fu dichiarato “guarito”, realizzò una volta per tutte la sua omosessualità. Ma a quel punto era sposato, e aveva due figli.
Per un periodo tenne nascosta la propria omosessualità, ma cominciò a lavorare con i pazienti omosessuali aiutandoli ad accettarsi, senza provare a modificare il loro orientamento sessuale, convincendosi sempre di più che l’omosessualità rientrasse nella normalità, e che quindi non fosse una malattia, un problema o un arresto dello sviluppo.
Quando si dichiarò apertamente omosessuale, nel 1980, i suoi colleghi non lo attaccarono direttamente, ma smisero di inviargli pazienti, e gli suggerirono di iniziare una nuova terapia. Isay dovette continuare a lottare per anni, anche se già nel 1973 l’omosessualità era stata eliminata dal DSM, perchè molti suoi colleghi continuavano a considerarla una malattia. Nel 1992, sostenuto dall’American Civil Liberties Union, minacciò di procedere tramite causa civile contro le associazioni che continuavano a discriminare le persone omosessuali, e costituì un comitato per formare i membri delle istituzioni, educandoli a rispettare le nuove politiche.
Per diffondere le sue idee il dott. Isay ha scritto diversi libri, incusi: “Essere omosessuali. Omosessualità maschile e sviluppo psichico” (1989), “Becoming Gay” (1997) e “Commitment and Healing: Gay Men and the Need for Romantic Love” (2006).
Il dott. Isay “dimostrò agli esperti del settore che la loro visione era basata sull’ideologia, e non su prove scientifiche” dice Richard A. Friedman, direttore di psicofarmacologia clinica alWeill Cornell Medical College. Continuò sempre a lottare per i diritti degli omosessuali, risultando, come racconta il dott. Friedman, a volte petulante, insistente e irritante, ma dimostrando ai colleghi che si dovrebbe sempre portare avanti con passione il proprio punto di vista, nonostante tutto.
Anche la sua vita privata, in seguito alla rivelazione della sua omosessualità alla moglie, subì degli scossoni. Jane, la sua ex moglie, ha raccontato in un saggio pubblicato sul The New York Times nel novembre 2011 l’effetto del coming out di Richard, partendo dal momento in cui si trovarono a dover fare delle scelte, e decisero di rimanere sposati per i due figli, di 10 e 14 anni. Jane scrive: “Prima che io sapessi che era gay, e dopo, lui era esattamente la stessa persona. Aveva un ardente senso di giustizia, odiava gli ipocriti e si schierava sempre dalla parte dei più deboli“.
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