Ora è vero: Mr. Cherokee Cowboy se ne è andato ieri pomeriggio. Sul serio. Voci infondate, riprese da testate autorevoli, lo avevano già dato per morto nel pomeriggio di domenica e tutti ovviamente avevano presa per attendibile e verificata la notizia. Ma di attendibile e verificato non c’era nulla. Era pur sempre malato di cancro in fase terminale ed era inevitabilmente questione di tempo. Il tempo ora è arrivato; l’annuncio ufficiale, come voluto dalla moglie Janie, è stato fatto da Billy Mack jr., portavoce ufficiale della famiglia. Ray Price aveva 87 anni e, come i fan della musica country sanno, era da tempo malato di cancro al pancreas (di cancro era morto anche suo papà); dal 2 dicembre, dopo una serie di ingressi e di dimissioni, era stato permanentemente ricoverato in ospedale. Mr. Cherokee Cowboy (dal nome della band che fondò nel 1954) ha testimoniato la grandissima classe che lo ha contraddistinto umanamente e musicalmente lungo tutto il percorso di questa avventura che chiamiamo esistenza e l’ha vissuta in prima persona fino all’ultimo, rifiutando l’accanimento terapeutico che lo avrebbe sì fatto vivere più a lungo ma a scapito della qualità di vita. Egli non voleva. Così, quando i medici lo hanno informato che il cancro si era esteso al fegato, all’intestino e gli aveva preso un polmone, ha deciso di tornare a casa e andarsene circondato dalla sua famiglia. Il giorno dell’ultima dimissione, giovedì scorso, la moglie Janie aveva detto: «Ray è vigile e cosciente di ciò che succede attorno a lui e capace di prendere decisioni. Grazie al cielo non ha avuto dolori particolarmente forti. Ma è con grande tristezza che oggi io vi annuncio che il mio amato marito è entrato nella fase finale del suo cancro che sta combattendo da 25 mesi. Chiunque conosca Ray sa che egli possiede grandi certezze e grande fede in Dio. La sua decisione finale è perciò quella di lasciare l’ospedale e tornare a casa per trascorrere i suoi ultimi giorni nel suo amato ranch [a Mount Pleasant, Texas, ndr] circondato dal comfort di casa sua e dall’amore dei suoi familiari e amici.» Forse non lo sapete ma alcune delle più belle canzoni del repertorio classico country, che probabilmente avrete sentito ricantate da qualche artista moderno, sono diventate successi grazie proprio a Ray Price, che ha inciso con il suo marchio indelebile la storia di questo genere: “Heartaches By The Number”, portata al successo nel 1959 e ripresa per ultima in ordine cronologico da Martina McBride nel suo album “Timeless” (vedi video in fondo a questo articolo), “Release Me”, “For The Good Times” (autore un altro grande, Kris Kristofferson), “City Lights” (scritta da un altro grande, Bill Anderson) senza dimenticare “Crazy Arms”, che stette 20 settimane in cima alla classifica dei singoli country e divenne disco dell’anno per Billboard nel 1956. Quarantasei Top 10 tra il 1952 e il 1982 (20 solo nei primi 8 anni di attività discografica) l’hanno di diritto fatto entrare nel mito (e nel Grand Ole Opry nel 1952). Sono legati a lui altri grandi nomi del country del passato, da Lefty Frizzell a Webb Pierce, da Jim Reeves a Hank Williams, sua musa ispiratrice all’inizio, con il quale condivise molto: una grande amicizia, un appartamento (Hank era già un mito senza pace, Price un esordiente di successo) e delle canzoni (Price scrisse “Weary Blues” per Hank). Per più di 50 anni il nome di Ray Price ha riempito di grazia e stile le classifiche country e anche se con “Crazy Arms” ha forgiato un nuovo ritmo musicale (lo “shuffle”) egli ha in realtà giocato su più fronti con grande maestrìa: dall’honky tonk alle ballate, mantenendo una voce piacevole all’orecchio ma non per questo scontata nei suoi dischi i quali rappresentavano sempre un avventura, all’ascolto. Mai senza giacca e cravatta, il suo incedere elegante e la sua voce molto profonda hanno davvero creato un solco e definito uno standard di alta qualità, che non ha mai per esempio tradito la pedal steel ma che ha introdotto in quantità violini, percussioni e chitarre con sordina; negli anni ’60 introdurrà come parte integrante della sua backing band addirittura un’orchestra di 20 elementi arrivando ad essere definito il “crooner” della country music (cioè il classico cantante melodico e sentimentale). Parola che certo lo inquadra ma altrettanto certamente non lo definisce completamente. Le sue ultime due Top 20 risalgono al 1983, “Forty And Fadin’” e “Old Friends”. In quell’anno Price comparve anche nel film “Honkytonk Man” di Clint Eastwood per il quale incise il singolo “One Fiddle, Two Fiddle”. Anche se non se ne prese mai il merito, molto del new country che ascoltiamo oggi trae origine dal semplice ma profondo ritmo cadenzato proprio dello stile che egli introdusse, reinventando il genere e aborrendo i pregiudizi musicali. «Ho combattuto i pregiudizi da quando ho cominciato a suonare country music e continuerò a combatterli» disse in una intervista all’AP nel 1981 «Un sacco di gente vuole confinare la musica country tra le minoranze. Ma essa appartiene al mondo. E’ arte». Ray Price era rimasto attivo anche nel nuovo millennio, andando in tour fino al 4 maggio scorso (si era esibito a Salado, in Texas) e preparando proprio in questi ultimi mesi un disco introspettivo che vedrà verosimilmente la luce nel 2014, “Beauty Is”, contenente i brani “No More Song To Sing”, “Among My Souvenirs” e “I Wish I Was 18 Again”.L’unico periodo in cui si era fermato per una pausa di riflessione era stato in seguito alla scomparsa di George Jones, lo scorso aprile, allorquando aveva scritto: «La porta di un’era in questo tempo si sta lentamente chiudendo. Con solamente uno sparuto gruppo di noi rimasto, la musica country che conoscevo e che amavo è morta anch’essa. La mia grande speranza è che le nuove generazioni di cantanti ci ricordino tutti e portino avanti il nostro spirito.» Un amara considerazione con cui pare ora che volesse anticipare i tempi. Il suo ultimo messaggio è stato postato su Facebook: «Amo i miei fan e ho dedicato la mia vita a comunicare con loro. Ho apprezzato il loro sostegno durante tutti questi anni e spero di non averli delusi mai. Sono in pace con me stesso. Amo Gesù. Starò bene. Non vi preocupate di me. Un giorno vi rivedrò.» Riposa così come te ne sei andato, Cherokee Cowboy: in pace. E veglia su di noi. M.A
Per le foto di questo articolo si ringraziano:
Frazer Harrison (Getty Images)
Jimmy Ellis (The Tennessean)
Associated Press