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Ventinove giocatori in ritiro. Quasi tre squadre. Eppure, a un mese dall’inizio della serie B, il Toro ha ancora tanto da fare sul mercato. Almeno dieci uomini da piazzare, almeno sei da ingaggiare: un portiere, un laterale e un centrale di difesa, i due mediani titolari («Per quel ruolo ci va gente d’esperienza», è l’esigenza di Lerda) e un esterno d’attacco. Sempre che strada facendo non arrivino le famose «offerte irrinunciabili» che convincerebbero Cairo a privarsi di Ogbonna e/o Bianchi. Avrà di che divertirsi, Gianluca Petrachi, diesse specialista in acquisizioni a costo zero e in scandagliamenti di mercati «periferici». Con Iunco e Di Cesare s’è giocato metà del «tesoretto» dei 4,2 milioni incassati per Dzemaili e Malonga. Ora viene il difficile: portare a casa quel che ancora Lerda chiede, scambiandolo con chi a Norcia sa di essere di passaggio. In primis, i 4 epurati dello scorso gennaio (Di Michele, Pisano, Colombo e Loviso) che da due giorni lavorano fuori dal gruppo.
Toro ancora provvisorio, dunque. Ma con linee programmatiche già chiare. Il 4-2-3-1, intanto. E poi un deciso svecchiamento dell’organico.
Era diventato un gerontoToro, quello dell’era Cairo. Per necessità, nell’anno della ripartenza post-fallimento. Per scelta e per paura di osare nelle stagioni successive. La morale è stata una lunga collezione di figurine Over 30, molte delle quali rappresentanti giocatori ormai tali soltanto sulla carta. Storico il record di 17 ultratrentenni sui 29 uomini impiegati nel 2006/2007, il primo dei tre campionati in A. Quello di Pancaro, Coco e Fiore. Gente che costava molto e rendeva quasi zero. Da gennaio, con la risparmiosissima svolta petrachiana, il Toro cerca scommesse per ottenere l’esatto contrario. E intanto si sgrava di chi è avanti con gli anni e gode di ingaggi onerosi. Un obbligo, per chi sosta in B e non vuole finire nella sempre più lunga lista dei club cancellati in estate dalla Covisoc.
Ecco, allora, questo inedito Toro cairota. Meno caro e molto più fresco. Con appena 4 Over 30 su 29. E uno solo di loro, il portiere Morello, sicuro di essere ancora in rosa il 1° settembre. Non può restare David Di Michele, l’indesiderato numero uno, che nei giorni scorsi ha rifiutato un’offerta del Paok Salonicco di Beretta e del ds Vryzas, ex granata guarda caso anche ex compagno di Petrachi. Se ne andranno pure Rivalta, che piace al Piacenza, e Pratali, magari al Bari nello scambio che darebbe a Lerda De Vezze e Galasso.
Certo, il paragone con l’ultimo Toro di B pre-Cairo sarebbe un sacrilegio. La squadra che prima Ezio Rossi e poi Renato Zaccarelli portarono a una promozione cancellata dal fallimento cimminelliano era davvero un’assicurazione sul futuro. Aveva Sorrentino e Marchetti terzo portiere, Balzaretti e Mantovani, Comotto e Mudingayi, Pinga e Quagliarella. Tutti fra i 20 e i 26 anni. Quasi tutti «fatti in casa». Questo, invece, è un Toro figlio di un altro calcio, che ha perso ogni radice con la sua storia, che prova a ripartire dopo tante tempeste. Magari anche con talentini presi in prestito. Ragazzi di ottime prospettive come gli ex genoani campioni d’Italia Primavera Cofie e Lazarevic. Isaac, 19 anni, ghanese, fa il mediano; Dejan, 20 anni, sloveno, è un esterno d’attacco.
Più diversi non potrebbero essere, eppure stanno sempre insieme. E dicono, con sincerità e semplicità, le stesse cose: «Per noi è una grande occasione. Non chiediamo nulla al mister, siamo disposti a fare di tutto per dimostrare di essere bravi». Ragazzi svegli, che hanno già assaggiato nella scorsa stagione brandelli di A e che al Toro di B promettono cose mica banali. Apre Lazarevic: «Voglio entrare nel cuore dei tifosi». Cofie mette il carico: «Voglio migliorare al tiro, il mio punto debole. E poi festeggiare i gol con la "danza del canguro" che ho copiato da Essien, il mio idolo». Chissà, potrebbe diventare lo spot del nuovo Toro: vivace, agile, divertente.
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