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Addio Venezuela, la rivoluzione è finita

Creato il 10 marzo 2014 da Eldorado

Il Venezuela ribolle, il Venezuela in lotta, il Venezuela in piazza contro il governo. Tutti ne hanno scritto, molti senza saperne nulla o quasi –leggasi il temino di Mastrantonio sul Corriere di mercoledì scorso-, altri –pochi, a dire il vero- con discernimento e conoscenza. In generale, la maggioranza è per dare addosso al governo di Maduro: le piazze piene in protesta contro tiranni o supposti tali generano sempre sentimenti di solidarietà. Tutti quelli che danno addosso alla rivoluzione non sanno o dimenticano –e questo è peggio dell’ignoranza- le ragioni storiche del processo che hanno portato all’ascesa di Hugo Chávez. Si critica l’oggi, ma si dimentica il passato, a quello che era il Venezuela prima di Chávez, un paese ed un sistema che avevano alimentato il risentimento verso una classe dirigente onnivora, che inibiva spazi ed opportunità alle altre espressioni della società. Gli scontri di questi giorni sono poca cosa in confronto al Caracazo del 1989 quando, in pieno governo liberale, l’esercito affrontò i manifestanti con i carri armati provocando, ufficialmente, trecento morti. La repressione governativa fu spropositata, ma allora non ci fu la reazione internazionale a cui assistiamo oggi: i venezuelani erano abbandonati a loro stessi. Il fenomeno Chávez e la sua rivoluzione sono stati un fenomeno provocato dalla cecità di quella classe dirigente che provocò il Caracazo, un processo storico indotto e di cui l’intera America latina aveva bisogno per rompere catene anacronistiche.

Detto questo è comunque palese che la rivoluzione bolivariana oggi è esaurita ed è finita per l’incapacità dell’attuale governo di trovare una soluzione ai problemi del Venezuela. Anzi, il governo bolivariano è riuscito ad esasperare alcuni aspetti: la corruzione, la criminalità, il paternalismo sono oggi temi irrisolvibili, che hanno diviso ancor più il paese. La rivoluzione ha divorato senza distinzione, facendo palese l’incompetenza di chi, nel nome dell’ideologia, non distingue l’importanza dell’individualità ai fini del progresso della società.

Maduro, finora, è stato cieco e sordo, dimostrando poca dimestichezza con il ruolo di statista e, soprattutto, di continuatore della rivoluzione. Resta un mistero, perché Chávez abbia scelto proprio lui, uomo spesso impacciato, con poco carisma e certamente non preparato al ruolo a cui è stato chiamato, per continuare un’opera tanto titanica. A questo punto il progetto bolivariano, rintuzzata la crisi, potrebbe continuare ancora alcuni anni, ma un fatto è chiaro: la rivoluzione è finita. In questo quadro, dove si è voluto contrapporre –nello scenario creato dai mezzi di informazione- il governo e la sua mano dura (Maduro) ad un’opposizione vivace e coraggiosa (rappresentata dai ragazzi di piazza e Leopoldo López) ci sono altri protagonisti in attesa dello sviluppo degli eventi. Da una parte c’è la forte classe imprenditoriale venezuelana, costretta in molti casi all’esilio, ricca di capitale e appoggiata dalla destra internazionale, e dall’altra la figura di Diosdado Cabello, che è presidente dell’Assemblea nazionale, controlla le forze armate ed è sempre stato poco amico di Maduro. Un falco, che un giorno potrebbe decidere di averne le scatole piene e dimostrare, infine, che la rivoluzione si difende con il fucile. Ma quella, allora, sarà un’altra rivoluzione.

 


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