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- Scritto da Marco Valerio
- Categoria principale: Le nostre recensioni
- Categoria: Recensioni film in sala
- Pubblicato: 30 Novembre -0001
Più che un film, un'esperienza. Affascinante e respingente. Stimolante e faticosa. Confusa eppure coerente.
Tutto questo è il nuovo film di Jean-Luc Godard, Addio al linguaggio: un'opera analitica sul (non) senso della parola, delle immagini, della narrazione tradizionale e del cinema, ma al contempo uno sberleffo ambizioso e compiaciuto, presa di posizione netta di un autore da sempre amante della sperimentazione e radicale nel suo andare controcorrente, in barba a mode e convenzioni, spesso e volentieri anticipando i tempi e ridefinendo limiti e potenzialità espressive del mezzo cinematografico.
Anche in questo caso Godard agisce in tal senso, offrendo allo spettatore un enigma immaginifico fatto di suggestioni, scene slegate tra loro, parole scomposte e rimescolate, suoni e musiche apparentemente discordanti. Tocca poi al fruitore ricostruire un puzzle complesso, contraddittorio e ricchissimo, dando una propria personale interpretazione di quanto appena visto. E ogni esegesi o decodifica è valida in quanto la molteplicità di punti di vista, la messa in discussione di se stessi e delle proprie percezioni è il passo primario e imprescindibile per guardare oltre e cercare nuove strade, una volta presa consapevolezza che un altro cinema non solo è possibile ma necessario.
Quella che l'autore di Fino all'ultimo respiro lancia è una vera e propria sfida, un invito a un gioco che può apparire autoreferenziale (e a qualcuno sembrerà stucchevole) e provocatorio ma in realtà sincero appello a superare preconcetti e prassi consolidate, abbandonandosi a un flusso di impulsi sonori, visivi e significativi che spiazza e sorprende costantemente, portando a interrogarsi se parole e immagini siano ormai incompatibili tra loro per fornire un quadro d'insieme del nostro tempo.
La parola narra, l'immagine mostra. La narrazione tradizionale non riesce più (non ci è mai riuscita?) a rappresentare in maniera soddisfacente una realtà magmatica, sfuggevole, intrigante e frammentaria. Una frammentarietà cui viene data forma attraverso un cinema per certi versi estremo che non racconta ma pungola, spronando al pensiero, e che scompone la tradizionale grammatica cinematografica riducendola a un susseguirsi spaesante di figure, forme e segni.
Un canto del cigno per il cinema del passato e uno sguardo dritto e aperto nel futuro: questo è Addio al linguaggio. Un film che guarda alle nuove forme espressive, in primis il 3D che qui non è mai inutile orpello e estemporanea suggestione, ma un nuovo strumento tecnico con una cui è impossibile non fare i conti. E con cui Godard si diverte a testare e a inventare, stupendo per la padronanza e per la varietà con cui viene utilizzato, dando ennesima dimostrazione di uno spirito battagliero e di una creatività che nemmeno a 84 anni sembrano avere abbandonato il Maestro francese.
Voto: 3