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Adolf hitler, il grande dittatore

Creato il 22 febbraio 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Emiliano Morozzi

Adolf Hitler, il grande dittatore: quando nell’ottobre del 1940 uscì nelle sale americane il film di Chaplin, una satira grottesca di colui che era già padrone di tutta l’Europa continentale, il mondo ancora non conosceva la reale portata dei crimini perpetrati dal Fuhrer tedesco e dai suoi spietati seguaci. Una politica estera aggressiva che aveva riacceso un conflitto di portata mondiale, una politica interna basata sulla sistematica eliminazione di tutti coloro che si opponevano all’ideologia nazista, ma anche di coloro che non potevano “geneticamente” farne parte: ebrei, zingari, omosessuali. Nazioni intere ridotte a cumuli di rovine, milioni di morti in battaglia e nei campi di sterminio: questo fu il risultato dell’ideologia nazista, non il sogno folle dello “spazio vitale” o della “grande Germania” descritti nella bibbia del nazionalsocialismo, quel “Mein Kampf” scritto di proprio pugno dal futuro dittatore tedesco durante la prigionia.

In una pagina è difficile riassumere tutto ciò che ha rappresentato per la storia del ventesimo secolo Hitler, ma allo stesso tempo dipingere l’esperienza nazista come una parentesi di follia sarebbe superficiale e poco credibile, dal momento che ha coinvolto non solo i vertici di un partito, ma una nazione intera. Il “totalitarismo” è l’arma in più di Hitler, che, seguendo le orme del vicino italiano Mussolini, affianca alla repressione dell’opposizione di sinistra un’abile propaganda, per convincere la classe media e il proletariato della bontà delle proprie idee. Il sostegno al regime nazista, negli anni di governo, è massiccio e quando Hitler trascina la Germania nella guerra, il suo popolo lo segue, combattendo fino alla fine. Diceva Goebbels, Ministro della Propaganda della Germania nazista, che una menzogna ripetuta dieci, cento, mille volte alla fine si trasforma in una verità, e in questo i nazisti furono abili maestri: in Germania, diversamente da molti altri stati d’Europa, non ci fu un movimento resistenziale degno di questo nome, e gli orrori del nazismo furono compresi dai tedeschi soltanto quando gli alleati e i sovietici li rivelarono agli occhi del mondo.

Anche in politica estera, Hitler per un certo periodo riuscì a sfruttare le debolezze e la paura delle altre potenze di affrontare un nuovo conflitto su vasta scala: in Spagna, durante la guerra civile, i soldati inquadrati nella “Legione Condor” sperimentarono sul campo nuove armi e nuove tecniche di combattimento con mezzi corazzati (la futura “Blitzkrieg”), l’Austria fu annessa senza colpo ferire e quando Hitler decise di continuare la propria politica di espansione ad est, Francia e Inghilterra, per evitare la guerra, consegnarono al dittatore tedesco la Cecoslovacchia al termine della vergognosa Conferenza di Monaco, alla quale il governo ceco non fu neppure invitato. Potevano questi essere due campi di battaglia nei quali contrastare i piani di Hitler: in Spagna l’intervento anglofrancese avrebbe potuto evitare al paese una quarantennale dittatura fascista, la Cecoslovacchia aveva a disposizione uno dei migliori eserciti dell’epoca, fornito di un discreto numero di carri armati fabbricati dalla Skoda (sulla quale la Germania metterà subito le mani) e con i Sudeti come barriera naturale, fortificati in vista dell’invasione tedesca.

Berlino 1945: le macerie del Terzo Reich (grisou.org)

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, la Germania nazista sorprese le altre potenze con una serie di vittorie fulminee: l’utilizzo combinato della forza aerea (in particolare degli Stukas) e delle forze corazzate, unito a una certa astuzia tattica permise all’esercito tedesco di conquistare ad uno ad uno gli stati europei: nell’arco di poche settimane caddero sotto il giogo nazista la Polonia, il Belgio, l’Olanda, la Francia, la Danimarca, la Norvegia, la Jugoslavia. Le intuizioni brillanti di alcuni generali, messe poi in pratica da altri brillanti ufficiali sul campo di battaglia (esemplare fu lo sfondamento del fronte nelle Ardenne durante l’invasione della Francia, progettato da Von Manstein e il “colpo di falce” di Guderian e Rommel, che chiusero in una sacca le forze anglofrancesi a Dunkerque). Inebriato dalle vittorie, Hitler si convinse sempre più dell’invincibilità delle proprie truppe ed arrivò a commettere l’errore che gli fu fatale, l’attacco all’altro “grande dittatore” dell’epoca, lo Stalin signore e padrone dell’Unione Sovietica. Quasi quattro anni di feroce conflitto contro una nazione che sembrava possedere risorse illimitate in uomini e mezzi logorarono la Germania che, attaccata nel Giugno 1944 dagli Alleati in Normandia e bombardata senza sosta, fu completamente annientata e si ritrovò col suolo invaso e le città distrutte. Se nel 1940 il dittatore era oggetto di scherno, nessuno osava più ridere di lui quando nel 1945 si contavano i morti che la guerra aveva provocato e le sofferenze patite dalle popolazioni finite sotto il giogo nazista: città distrutte dai combattimenti, popolazioni ridotte allo stremo o deportate per lavorare in schiavitù nelle fabbriche tedesche, milioni di morti per il conflitto e per l’agghiacciante progetto dei campi di sterminio. Un orrore che non dovrebbe essere più dimenticato, insieme al coraggio di chi, pur ignaro di quello che sarebbe successo dopo, nel 1940 ebbe il coraggio di sbeffeggiare “il grande dittatore”.


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