Le mamme, sposate all’estero e residenti a Roma da una decina di anni, hanno avuto la bimba con procreazione assistita eterologa; la bimba è, quindi, figlia biologica di una sola delle due conviventi. Il Tribunale ha accolto il ricorso presentato da parte della mamma non biologica; il ricorso è stato accolto sulla base di un articolo della legge sull’adozione che, indipendentemente dall’orientamento sessuale dei genitori, la contempla in casi particolari come quello, appunto, della coppia romana in cui tra il bambino e il genitore sociale si è consolidato nel tempo un rapporto affettivo e di convivenza.
A seguire il caso è stato l’avvocato Maria Antonia Pili, presidente regionale per il Friuli dell’AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minori.
“Le due mamme - spiega l’avvocato Pili - hanno dapprima intrapreso e portato a termine un percorso di procreazione eterologa all’estero e, dopo la nascita della bambina, hanno stabilmente proseguito nel progetto di maternità condividendo con ottimi risultati compiti educativi ed assistenziali, nonché offrendo alla minore una solida base affettivà”
“Una sentenza che mette al centro gli interessi dei minori - dichiara Flavio Romani, presidente nazionale Arcigay - e che riconosce l’omogenitorialità come una genitorialità sana e meritevole. Ancora una volta insomma i tribunali italiani pongono rimedio alle lacune di un sistema giuridico che la politica non si dimostra in grado di saper adeguare ai cambiamenti della nostra società”