Visto attraverso la lente della tensione tra Russia, Usa e Ue, questo bizzarro scambio è abbastanza comprensibile: in risposta al riavvicinamento tra Washington e L’Avana, Mosca cerca di far leva sul solido antiamericanismo presente in Argentina, cresciuto dopo il default del 2002 e riacutizzatosi dopo che Buenos Aires è stata chiamata a risarcire tutti gli investitori americani danneggiati dal crac delle obbligazioni locali, i cosiddetti Tango-Bonds.
I rapporti tra la Russia e l’Argentina sono decisamente buoni: Mosca sostiene l’iniziativa argentina per l’apertura con Londra di un tavolo bilaterale per la definizione della questione delle Falkland o Malvinas, come le chiamano gli argentini. Dal punto di vista militare, le due nazioni sono molto vicine dal 2010, quando la presidente Cristina Kirchner e l’allora presidente russo Medvedev firmarono un contratto per l’acquisto di due elicotteri d’assalto Mi-17, i primi mezzi militari made in Russia in dotazione al paese sudamericano. Le relazioni sono poi ulteriormente migliorate la scorsa estate dopo la visita di Vladimir Putin, in cui furono poste le basi dello scambio “armi per cibo”.
Uno scambio utile a entrambe le parti: alla Russia, che riuscirebbe così ad aggirare l’embargo imposto nei confronti dei prodotti alimentari provenienti da Usa, Ue, Norvegia, Australia e Canada, e all’Argentina, che necessita di rinnovare la propria aviazione militare. Già a ottobre il ministro della Difesa Agustin Rossi aveva annunciato l’acquisto di 24 caccia Saab Gripen di fabbricazione brasiliana, il primo grande investimento aeronautico militare argentino dai tempi della guerra delle Falkland-Malvinas, ma l’accordo è stato successivamente annullato poichè alcuni componenti degli aerei erano prodotti nel Regno Unito.
Ad oggi sul territorio delle due isole sono di stanza 1.500 soldati di Sua Maestà, che possono disporre di quattro aerei della Royal Air Force, batterie d’artiglieria, contraeree e, solo per alcuni periodi l’anno, anche di una nave da guerra. Le Falkland fanno parte della Gran Bretagna dagli anni Trenta del XIX secolo ma gli argentini le rivendicano come proprie nonostante la sconfitta militare del 1982 e sebbene a marzo scorso gli abitanti abbiano scelto di restare sotto la Union Jack con un referendum.
L’area marittima circostante l’arcipelago è ritenuta ricca di ingenti riserve di petrolio, che fino ad oggi non sono ancora state sfruttate nonostante numerose attività di esplorazione condotte. Una di esse, condotta nel 2010 dalla Gran Bretagna, ha finito per incrinare ulteriormente i già difficili rapporti con l’Argentina, che ha reagito imponendo a tutte le navi dirette verso le Falkland la richiesta di un permesso alle autorità marittime di Buenos Aires.