Continuano intanto gli attestati di solidarietà verso la Timoshenko. Venerdì scorso il presidente lituano Dalia Grybauskaite si è recata in visita all’ospedale di Kharkov, dove l’ex premier ucraino è ricoverata per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, e l’ambasciatore Usa a Kiev John Teff ha fatto sapere che farà altrettanto, assieme a rappresentanti del Consiglio d’Europa. Mercoledì scorso, la Camera dei Deputati ha invece approvato una risoluzione che obbliga i governi nazionali dell’Ue a fare pressioni sul governo ucraino affinchè liberi i prigionieri politici.
Anche la Russia, parte in causa nel contestato accordo di fornitura, si è schierata in difesa della Timoshenko, con il presidente Putin che ha parlato di legittimità dell’azione dell’allora premier, che in quanto tale aveva pieni poteri per trattare le condizioni dell’accordo. Tuttavia l’ex capo dello Stato Viktor Jushchenko, nella sua deposizione al processo Timoshenko in qualità di persona informata dei fatti, aveva ribadito che quel contratto fu firmato solo perchè la Timoshenko era ricattata dai russi per una serie di vicende di corruzione legate alla sua precedente carriera di imprenditrice: secondo Juschenko, Mosca avrebbe minacciato di renderle pubbliche, per distruggere la carriera politica dell’allora Primo Ministro ucraino se si fosse rifiutata di accettare le condizioni imposta dalla Russia.