Affidamento dei figli: restituzione al genitore affidatario
La Corte di Cassazione, 6^ Sez. civile, con l'ordinanza n. 20365 del 29 settembre 2011 ha confermato il decreto del Tribunale dei minorenni di Venezia, che aveva rigettato il ricorso di Tizio, genitore canadese, il quale chiedeva la restituzione della figlia minore - illegalmente sottratta dalla madre Caia e portata in Italia stabilendovi la residenza, nonostante un provvedimento del Tribunale canadese di affidamento congiunto e il divieto per la madre di portare via la figlia dal territorio del Canada senza il consenso del padre -.Il Giudice di primo grado aveva motivato il rigetto precisando che - pur sussistendo, nel caso di specie, un illecito trasferimento della minore da parte della madre in violazione di un provvedimento dell'Autorità Giudiziaria canadese - si riteneva applicabile l'art. 13 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori - ratificata con la L. 15 gennaio 1994 n. 64 -, a norma del quale "l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno, dimostri: a) che la persona, l'istituzione o l'ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o b) che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile".
Nel caso di specie, nel corso del giudizio erano emersi alcuni episodi poco chiari relativi al periodo di affidamento della figlia minore al padre: in particolare, non era mai stato del tutto chiarito un episodio del dicembre 2007, quando - dopo avere trascorso alcune ore con il padre - subito dopo la riconsegna alla madre nel sangue della bambina era stata rilevata la presenza di clozapina (un farmaco per adulti psichiatrici). Era stata depositata, altresì, documentazione che attestava il carattere violento del padre e il suo disinteresse per la figlia minore - in particolare, una denuncia al Consolato di Vancouver del 2009, nella quale l'uomo veniva accusato di gravi minacce di di fare uso di sostanze psicotrope e di alcool -.
A questo si aggiungeva la palese indifferenza di Tizio nei confronti della figlia minore, che non aveva mai cercato di incontrare dal 2009 - quando la madre si era trasferita in Italia con la bimba -, nonostante non la vedesse già da molti mesi quando si trovava ancora in Canada.
La Corte di Cassazione, nell'ordinanza che si annota, osserva che la domanda di rimpatrio nello Stato di residenza di un minore illecitamente trattenuto da un genitore "può essere respinta, nel superiore interesse del minore, solo in presenza di una delle circostanze ostative indicate dagli artt. 12,13 e 20 della Convenzione..."; tuttavia, "...nel valutare l'esistenza delle suddette circostanze ostative, l'autorità giudiziaria può tener conto delle attitudini educative del genitore affidatario, in quanto l'inidoneità a garantire adeguate condizioni, anche materiali, di accudimento dei minori è circostanza che li espone a pericoli fisici e psichici" (vedi, ex multis, Cass. n. 9499 del 1998). E' quello che è accaduto nel caso di specie.
In sostanza, i Giudici con l'ermellino hanno ritenuto conforme all'orientamento della Suprema Corte la decisione del Giudice di primo grado, che non si è sostituito al Giudice canadese verificando quale genitore sia più idoneo "occuparsi dei figli", ma ha semplicemente valutato se nell'ipotesi di rientro della minore presso il padre quest'ultima potesse "venirsi a trovare in una situazione intollerabile", come impone l'art. 13 della Convenzione dell'Aja sopra citato (sul punto, vedi Cass. n.11999/2001; Cass. n.19544/2003; Cass. n.16753/2007).
Alla luce di queste motivazioni, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del padre, confermando la decisione del Tribunale di Venezia.
Roma, 6 ottobre 2011 Avv. Daniela Conte
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