"La speculazione è soltanto una parola che "copre" il fare soldi manipolando i prezzi, invece che producendo beni e servizi". Sono parole di Henry Ford, vecchie di quasi un secolo, che centrano il cuore del problema: la speculazione non è fisiologica al capitalismo, ma patologica. E la speculazione è una manipolazione, una distorsione che toglie trasparenza ed equilibrio al sistema economico. Oggi invece non andiamo al cuore del problema, ma ci giriamo attorno. Infatti, nel coro collettivo che ormai riconosce la necessità di "fare qualcosa" contro la speculazione c'è una nota comune che, se non parlassimo di una cosa molto seria, farebbe sorridere. Questa nota suona più o meno così: "occorre intervenire per controllare la speculazione e tassarla". Nessuno, fuori dal coro, si sogna di mettere in discussione l'esistenza stessa della speculazione. Come mai? Beh, una delle risposte classiche di molti economisti è che la speculazione c'è sempre stata (una risposta davvero straordinaria). L'altra è che essa rivestirebbe una qualche utilità (ma non si sognano di spiegare il perché) nel funzionamento degli onniscienti e onnipresenti mercati. A mio avviso, non sono vere né l'una né l'altra cosa. La speculazione organizzata, sistematica, ubiquitaria e prepotente che oggi stiamo sperimentando, è un fenomeno storicamente assai recente, e una conseguenza della deregulation scriteriata dei mercati finanziari fatta agli inizi degli anni '90. E la speculazione non è utile all'economia perché, essendo un gioco a somma-zero dove pochi si arricchiscono a danno di moltissimi che s'impoveriscono, essa non aggiunge nessun valore al sistema economico. E la speculazione non è utile nemmeno al funzionamento di un mercato perchè, se guardiamo al mercato (come dovremmo fare ma non facciamo) come a un sistema che deve prima
di tutto essere stabile e resiliente, in modo tale da incentivare gli individui che lo animano ad investire nel futuro e nello sviluppo, essa rappresenta un elemento perturbatore capace di generare veri e propri terremoti finanziari, che lasciano gli investitori seri (cioè noi) letteralmente tramortiti in un angolo a leccarsi le ferite. La conseguenza è la
depressione economica che stiamo vivendo, in cui gli investimenti del capitale sono schizofrenicamente divisi in due. Da una parte la bisca che si assorbe tutto il capitale d'azzardo, dall'altra la povera economia reale letteralmente deprivata dei soldi necessari per fare le cose, innovare, creare lavoro. Nel 2008 il PIL del mondo (vale a dire l'economia reale fatta di lavoro e cose concrete) ammontava a circa 60 trilioni di dollari. Nello stesso periodo la speculazione finanziaria fatta di derivati raggiungeva la cifra incredibile di 2.400 trilioni di dollari. Per ogni dollaro di economia reale, quaranta dollari di finanza su finanza: un gigantesco capitale d'azzardo puntato sulla vorticosa roulette finanziaria globale. Una cifra enorme che è ulteriormente aumentata nel 2011, che mai era stata raggiunta nella storia prima d'ora, e che ci sta letteralmente soffocando.
E se la eliminassimo questa benedetta (maledetta) speculazione? E chi l'ha detto che non si possa fare? Che succederebbe?
Incominciamo dalle banche. Certamente, le banche vedrebbero diminuire drasticamente il loro ROI. Ma così facendo, questo ROI tornerebbe semplicemente al suo valore fisiologico. Quello che le banche registravano quando facevano veramente le banche. E cioè, quando prestavano il denaro all'economia reale per lavorare, innovare, fare sviluppo. Banche di questo tipo diventerebbero immediatamente meno fragili rispetto a quelle attuali. Banche di questo tipo la smetterebbero di usare i nostri depositi per speculare sul prezzo del rame o sul valore dell'oro sui mercati internazionali, e tornerebbero invece a prestare i soldi ai nostri artigiani e piccoli imprenditori. Il rischio si ricongiungerebbe al suo naturale compagno: la prudente (ma non ritrosa) valutazione del finanziamento relativo ad azioni economiche concrete (aprire un nuovo stabilimento, comprare macchinari, assumere personale). Avremmo messo in sicurezza il sistema bancario semplicemente riportandolo al suo ruolo fisiologico, invece che creare tanti inutili baluardi e ricapitalizzazioni che null'altro sono, se non doping patrimoniali fatti per permettere alla macchina della speculazione finanziaria di correre sempre più forte, e in modo sempre più spericolato, fino alla prossima rovinosa uscita di strada.
Quanto agli speculatori di professione, dovrebbero trovarsi un altro lavoro. Ma ricordiamoci che stiamo parlando del futuro professionale di alcune migliaia di persone (in media piuttosto ricche) che, con il loro magnifico (si fa per dire) lavoro, stanno impoverendo milioni di persone (ad esempio quando hanno fatto esponenzialmente aumentare i prezzi delle materie prime nella prima metà del 2011), o creando disoccupazione (perché, sottoponendo il sistema economico alle scommesse sui default dei debiti degli stati, nella seconda metà del 2011, hanno costretto gli stati a politiche draconiane e accelerate di rientro dei debiti pubblici, che porteranno l'Europa in recessione nel 2012).
Mi pare, quindi, che il gioco di eliminare la speculazione varrebbe la candela, oltre che essere sacrosanto dal punto di vista sociale. E poi, forse che non si sono sacrificati in Europa migliaia di posti di lavoro in nome della supposta "competitività globale"?. Bene, sacrifichiamo allora i posti di lavoro dei trader e dei gestori di hedge fund in nome di un sistema economico più stabile, e per difendere i nostri posti di lavoro.
E qui finiscono le supposte conseguenze "negative" che verrebbero sventolate, come delle bandierine, dai difensori dello
status quo del turbo-capitalismo finanziario.
Passiamo a noi, all'economia reale. Che succederebbe? Beh, prima di tutto il denaro tornerebbe a essere disponibile per fare cose come aprire un castelletto finanziario, ottenere un fido per acquistare nuovi macchinari, finanziare l'avvio di attività imprenditoriali da parte dei giovani. Insomma, la smetteremmo di vivere la situazione paradossale in cui ci troviamo, dove tutte queste cose sono di fatto impossibili se non fornendo garanzie reali a copertura del 100% del prestito richiesto. Per non dire poi che, se ci rechiamo presso la filiale della nostra banca per ritirare alcune migliaia di euro in contanti, ci sentiamo rispondere che occorre prenotare il denaro qualche giorno prima, per poterlo ritirare. E perché? Perché la nostra banca non ne dispone. Il denaro non è più nelle nostre filiali (dove l'abbiamo depositato!), affacciate sulle strade e vicino a chi produce, innova, lavora. Il denaro è lontano, lassù, in quella sorta d'iperspazio finanziario che, ogni tanto, fa precipitare un meteorite sulle nostre teste, danneggiando le nostre vite, quelle si reali, di tutti i giorni. Se abolissimo la speculazione, vietando l'uso scriteriato degli strumenti derivati che la rendono possibile con dimensioni e velocità mai conosciute prima nella storia economica, tutta questa bisca priva di senso finirebbe. E il capitale sarebbe di nuovo costretto a fare il suo sano, faticoso lavoro, che è quello di essere impiegato in modo parcellizzato per finanziarie le decine di migliaia d'iniziative produttive, imprenditoriali, professionali, che ogni giorno costruiscono realmente l'economia, sana, di un paese.
E infine: se anche solo una minima parte della gigantesca quantità di denaro che si è in questi ultimi vent'anni impiegata per puntare nella bisca, fosse stata invece utilizzata per finanziare progetti di ricerca, l'innovazione tecnologica, le energie rinnovabili, quanti posti di lavoro in più, quanta ricchezza reale in più, quanto benessere in più si sarebbero potuti creare?. Di preciso non lo sappiamo, ma certamente moltissimi. Questo è il punto fondamentale: eliminare la speculazione converrebbe non solo perché si renderebbe più robusto e sicuro il sistema economico, non solo perché si smetterebbe di deprivare del denaro le famiglie e il lavoro produttivo, ma anche perché in questo modo il capitale ritornerebbe a essere un alleato prezioso dello sviluppo sano, produttivo, innovativo e creatore di posti di lavoro, senza il quale non si va da nessuna parte.
E allora, perché non si fa? Perché non si elimina questo capitale d'azzardo che sta attentando alla salute dell'economia reale, che negli ultimi tre anni ha creato povertà in Europa e negli Stati Uniti, e che di questo passo entro il 2013 potrebbe provocare una nuova catastrofe finanziaria (dopo quella già avvenuta nel 2008,) tale per portata da fare impallidire quella del 1929?
Purtroppo non si fa nulla perché prevalgono il tatticismo, la real politik puramente opportunistica, la considerazione continua degli interessi (quelli forti) costituiti da parte delle grandi banche internazionali. Non solo, questi interessi ispirando la politica, si sta formando un conventional wisdom secondo il quale la soluzione alla speculazione eccessiva risiederebbe nel tassare le transazioni finanziarie. Una soluzione che peggiorerebbe il problema della speculazione e che si tradurrebbe in un aumento del rischio sistemico. Perché le banche d'investimento e gli hedge funds a quel punto, non farebbero altro che includere il peso della tassa all'interno dei loro obiettivi di ROI e, per non mancarli, finirebbero per aumentare le prese di rischio o per inventarsi strumenti finanziari ancora più aggressivi e pericolosi. La soluzione risiede, invece, nel cambiamento del sistema. In pratica, nella definizione di un accordo politico a livello globale che preveda un percorso di rientro inesorabile, e rapido, della leva finanziaria di tipo speculativo. Come si potrebbe fare? Occorrerebbe in primo luogo aumentare i livelli di garanzia a copertura dei derivati e, in secondo luogo, vietare la possibilità di speculare su eventi futuri dissociati dalle prese di rischio. In altre parole, nessuno dovrebbe potere più acquistare uno strumento di copertura contro il rischio di fallimento di uno stato, se non sarà in grado di provare il contestuale possesso di obbligazioni di quel medesimo stato. Infine, bisognerebbe rendere accessibili gli strumenti speculativi unicamente a coloro che ne abbiano la reale necessità, per la copertura del rischio derivante dalla loro attività economica concreta. Il che significherebbe, in pratica, riportare gli strumenti derivati indietro nel tempo fino al loro uso sano e fisiologico, quando furono creati per la prima volta nel XVII secolo, dalle grandi compagnie mercantili olandesi. A quel tempo, i mercanti che importavano le spezie e le materie prime da tutto il mondo fino al porto di Amsterdam, non potevano certo permettersi che oscillazioni impreviste nel prezzo di quelle spezie e materie prime li rovinassero. Di conseguenza, s'inventarono i primi strumenti di copertura da questo tipo di rischio. Questa è la ragione storica che giustifica l'esistenza di questi strumenti: economia reale. Nient'altro. Bene, ritorniamo all'antico. E soltanto a coloro che, data l'attività d'impresa ne abbiano veramente bisogno, sia consentito l'uso di tali strumenti. Diversamente, no. Questo è sano. Il resto (vale a dire quello che accade oggi sui mercati finanziari) è gioco d'azzardo legalizzato, e ben più pericoloso di quello che si fa nei Casinò.
Certo, questi provvedimenti richiederebbero un'azione politico-economica concertata a livello internazionale. E se quest'azione non si realizzasse? Basta notare come siano stati sufficienti alcuni giorni di "sereno" sui mercati finanziari, per fare velocemente rientrare il dibattito a livello EU, in merito ad eventuali provvedimenti di regolamentazione e ridimensionamento della speculazione.
Di fronte ad uno scenario di questo tipo, noi cittadini non siamo comunque del tutto impotenti. Infatti, i famosi 40 dollari di speculazione finanziaria hanno bisogno del nostro dollaro per potersi innescare. E allora noi togliamoglielo da sotto i piedi. Ricordiamoci, che i prestatori di prima istanza della speculazione siamo noi, quando depositiamo i nostri risparmi in banca. Di conseguenza, dovremmo adottare la buona abitudine di richiedere alla nostra banca di illustrarci come impiega i depositi. E se notassimo che tra i suoi investimenti c'è della speculazione finanza su finanza allora, beh, potremmo sempre ritirare i nostri soldi e andare a depositarli presso un'altra banca. Diamo il nostro dollaro di lavoro vero a banche le quali lo prestino ad altri che, come noi, producono cose vere. In attesa che la politica internazionale, in perenne e ormai ingiustificato ritardo, faccia il proprio dovere, incominciamo a non dare più il nostro denaro, realizzato con il sudore della fronte, alla bisca. Pretendiamo, in una sorta di class-action dell'economia reale contro la speculazione finanziaria, che le banche certifichino lo 0% di partecipazione alla bisca. E' una buona battaglia da combattere, per il nostro presente e per il nostro futuro.