Egon Schiele - Gli amanti
Come una piumae pesante come il ricordo che non voglio più avere, si adagia sul mio torace econ una mano mi accarezza il braccio. È il suo tocco, dita sottili come fili, quelloche mi ha fatto scappare dal mondo, il mio alibi per chiudere tutti fuori dallamia casa. Sorseggio un po' d'acqua e riesco solo a non parlare.«Vado unattimo in bagno» e si allontana, e nei suoi occhi vedo la paura di non trovarmial suo ritorno. La rassicuro con un mezzo sorriso. Come dieci anni fa. Anche allorac’erano le candele.
Là fuori cisono un paio di grattacieli in più e la musica dentro i locali è più alta, mala città è sempre la stessa. Il tempo fa questo, corrompe la forma, ilcontorno. L’anima delle cose, delle persone, resiste e perdura oltre ognicalendario. Oltre ogni sguardo. Anche quando te ne vai e ti lasci alle spalle unastanza d’albergo dove c’è una donna di cui non vuoi essere l’uomo della suavita.E quella donnasarebbe stata perfetta.Non è cambiatonulla, solo che non me ne sono ancora andato, forse per la stanchezza, forseperché la mia anima è là che galleggia ancora nel cesso insieme alla vodka. No.Non faccio che mentire, prendermi in giro. Non è la sbronza, non è la fatica. Èche ho paura. Di tuttiquelli che sono ancora in giro, là fuori, i più fortunati torneranno a casapropria da soli.
Lei non è una delleputtane che mi hanno svuotato in questi ultimi dieci anni (e se non fosserosolo dieci anni?). No. Non è nemmeno la comparsa che apre le gambe per un paiodi battute.È la donna acui ho detto addio senza ascoltare la risposta, convincendomi fosse la stessa.È la donnadella mia vita.La stessadonna che il produttore ha scelto come protagonista per il mio ultimo lavoro.Il primo.«Hanno glistessi asciugamani», e la guardo, confusa tra le pareti scure della stanza,tornare verso questo letto, verso di me, io che sono il peggiore di tutti, lasua delusione, la sua disperazione, la sua umiliazione. Nuda e bellissima siversa un bicchiere e percorro con l’acqua il suo corpo, le labbra, il collo, ilseno, il neo sotto al braccio, fino al ventre, piatto come la marea calda dellanotte. Si sdraiaaccanto a me e mi trascina sul fianco fino a quando i nostri sguardi siincrociano. I suoi occhi scuri hanno la voglia di avermi di nuovo edimenticarmi subito.Mancano pocheore, le candele sono ormai quasi sciolte e l’odore di miccia morente e cerafusa si sta arrampicando sulle pareti. Arriverà il servizio in camera, i nostricellulari cominceranno a squillare e tutto ricomincerà, ci saranno altri film,altre produzioni. Altre città, altre puttane, altri inferni.
Non è colpa dinessuno, se non di questa città e del tempo bastardo che ci hanno riuniti. Nonvoglio altri ricordi. Voglio solo che ti vesti e te ne vai. E continuare a prendermiper il culo nella mia vita fatta di plastica, composta da nottate in cui torno dasolo nella casa dove non c’è nessuno ad aspettarmi a cui raccontare la miagiornata e ascoltare a mia volta la sua.
Fuori èmattina, la vita torna a pretenderci, nelle sue città fatte di grattacieli elocali con la musica alta. Mi abbraccia,si attorciglia al mio corpo, quasi a volerne entrare per non uscirne mai più.Ma dura solo qualche attimo, giusto il tempo che le candele muoiano del tutto. Sento già chemi mancherà. Come negli ultimi dieci anni.