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Africa francofona / Colonizzazione culturale /Ennesimo misfatto del colonialismo politico-militare passato

Creato il 26 settembre 2013 da Marianna06

 

 

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Patrice Nganang, scrittore camerunense, autore di “Tempi da cane”, pubblicato in Italia da Tirrenia Stampatori, anch’egli presente al meeting dei giovani scrittori africani di area francofona  a Bellinzona (Babel) ,ha stigmatizzato con queste parole il colonialismo culturale, quello imposto, a suo tempo dai colonizzatori alla gente del suo Paese e, in particolare, ai giovani sui banchi di scuola, quando  esso era dominante in buona parte del continente nero.

Colonizzare –ha detto Patrice -  è sradicare la memoria .Ho pubblicato libri in francese,in tedesco e in inglese ma non posso leggere la lingua di mio nonno.

I maestri c’insegnavano che  prima dei bianchi  c’erano i selvaggi.

Dicevano che non avevamo storia, perciò non potevamo andare lontano.

Poi ci ha pensato la dittatura indigena successiva, e le lobbies ad essa legate  a filo doppio, a nascondere la realtà (Nganang si riferisce alla complessa situazione politica del suo Paese,un dispotismo figlio del dopo-colonialismo, lo stesso che costrinse, anni addietro, all’esilio forzoso, in Canada, il noto teologo e sociologo Jean Marc Ela).

Medesimo discorso è per il Madagascar, la cui politica oggi è un gazzabuglio anch’esso dispotico, per l’Algeria, che deve liberarsi di certi ricatti dell’islam fondamentalista e per la Tunisia, che ha una gioventù , che sogna libertà dai troppi lacciuoli oscurantisti .

E, naturalmente, con le dovute differenze,  stessa cosa per tutta l’Africa dei Grandi Laghi.

Repubblica democratica del Congo,in particolare, terra martoriata da troppe guerre intestine e, sempre e solo, per l' avidità dell'uomo.

Uomo bianco. Non nero. 

Il neocolonialismo economico-finanziario dei nostri tempi.

L’urgenza odierna, allora, è quella trovare da parte delle giovani generazioni africane, di necessità,  modalità  idonee a costruire ,in Africa e per l’Africa, un futuro propositivo.

E cioè fatto di autosufficienza economica e di autentica democrazia politica.

Non democrazia importata e, quindi, fasulla.

Modalità culturali (che solo l'istruzione e la formazione possono dare), capaci di fare un mix di antico e di moderno, di autoctono e di quel poco o molto di “buono” che, comunque, può sempre  arrivare  dall’ esterno.

No,ghetti. Insomma. Intercultura, sì.

  

9782842612474

 

    a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 


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