Nonostante grosse problematiche politiche, umane e sociali ancora esistenti nell’Africa d’oggi, che non l’identificano certo, tout court, almeno in alcune aree, come ad esempio quella sub-sahariana (spesso con la “maglia nera” nelle statistiche di casa nostra) con il “paradiso” sulla terra e se non per le sue bellezze naturali, il pensiero positivo suggerisce che il momento di costruire la cosiddetta “autentica” democrazia, specie grazie alle nuove giovani generazioni, non è poi così lontano.
E neanche impossibile.
In poche parole ciò che si vuole dire è che ci siamo quasi.
E’sempre un ottimo esercizio ,così per la persona come per i popoli, persino nei momenti più difficili, quello di guardare, infatti, al “bicchiere mezzo pieno” e non gettare mai la spugna.
Perciò, teniamolo a mente, quando negli attimi di sconforto la tentazione di buttare via il"bambino” con l’acqua sporca è molto forte.
Il consolidamento della cultura dei diritti inviolabili in Africa rappresenta, per esempio, un punto di forza su cui oggi bisogna assolutamente fare leva.
Anche se questo non significa che vistose violazioni non continuino a perpetrarsi anche adesso mentre scriviamo.
L’alfabetizzazione e l’istruzione , nei diversi ordini e gradi di scuola fino all’università (piuttosto costosa per salari familiari magri), la diffusione della stampa, purtroppo non sempre libera a seconda dello spessore politico ed economico dello “sponsor” di turno, la possibilità di ricorrere a tutte le nuove tecnologie esistenti ,con costi ragionevoli, e fare della informazione attendibile e della formazione divulgativa sono, nonostante le usurate critiche di maniera, ormai realtà nel continente africano.
Piaccia più o meno al mondo occidentale.
Nessuno fermerà ,comunque, la crescita dell’Africa. Questa è cosa certa.
In breve quello che si tenta di dire è che “pole- pole”, cioè piano piano, nella gente comune comincia sul serio a maturare la consapevolezza di dover costruire da se stessa una nuova forma di cittadinanza.
Una cittadinanza decisamente attiva, che non intende più accettare supinamente scelte estranee e calate dall’alto. Quale che sia la classe politica dirigente del momento e/o la complessità della situazione contestuale del momento.
E per questo si scende in piazza. Si lotta quando è necessario..
In effetti, in Africa, con i tempi che sono giustamente i”suoi”, è in atto un percorso di elaborazione di identità.
Identità, fino a pochi anni fa, soffocate dalle più differenti forme di colonizzazione.
E codesta elaborazione produrrà senz’altro, per gradi, una coscienza collettiva e nazionale, capace di darsi quella che si chiama legge fondamentale dello Stato (vedi i tentativi delle “primavere”maghrebine ma non solo) e un sistema di diritto.
L’importante è che i modelli siano autoctoni e si rifacciano alle tradizioni culturali che, per qualunque popolo e in qualunque angolo del pianeta, sono importanti per la gente, che vi si riconosce.
Soprattutto se questa stessa gente ha visto, per anni e anni, violentata, e asservita con metodo, dallo straniero rapace quella che era la propria cultura di riferimento, succhiata con il latte materno e ricordata, nel privato, nella tradizione dei “propri” antenati.
Tutto ciò, comunque, non vuol dire isolamento dal resto del mondo.
La stessa Europa, un tempo colonizzatrice, oggi deve divenire collaboratrice in questo processo di elaborazione identitaria. E occorre che lo faccia sui tempi lunghi e con correttezza, nel rispetto di quella che, con nome da manuale, si definisce attualmente approccio interculturale.
I benefici del processo di crescita democratico in Africa solo così si tradurranno in positività assoluta per l’Europa e per il resto del mondo. Quello però capace di accogliere i cambiamenti e saper leggere i “segni” dei tempi.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)