Una storia può avere un solo protagonista oppure può averne tanti, credevo sbagliando, ma dopo aver letto After Dark di Murakami Haruki ho capito che non c’è bisogno di alcun protagonista per raccontare una storia.
Istruzioni per leggere il post
1) Mettetevi comodi e indossate un bel paio di auricolari (meglio se di ottima qualità)
2) Cliccate su “continua a legger” e successivamente fate partire il video
3) Leggete tutto d’un fiato mentre ascoltate Five Spot After Dark di Curtis Fuller
Curtis Fuller – Five Spot After Dark (ascolta su Youtube)
Nell’oscurità della notte di una megalopoli giapponese la vita di cinque persone si intreccia all’improvviso e per circostanze non determinate da alcuna logica: il tempo si dilata ed è come se diventasse marmellata da spalmare su una fetta di pane, poca marmellata in una grossa fetta di pane.
Una giovane modella esplora è prigioniera in una specie di coma soporifero mentre la sorella introversa incontra e si confronta con un musicista jazz suo coetaneo, una prostituta cinese viene brutalmente picchiata da un esperto informatico mentre la notte trascorre e scorre come un placido e silenzioso fiume che attutisce tutte le sensazioni e ne smorza la percezione. Questa notte la conosciamo bene perché è simile all’oscurità che nascondiamo gelosamente dentro di noi e che ogni tanto non riusciamo a tenere dentro confini sicuri e invalicabili; talvolta fuoriesce dal contenitore psicologico in cui la teniamo ed è allora che rischiamo di perderne il controllo.
Scrive Murakami Haruki – Oggettivare ogni sensazione, appiattire la coscienza, congelare temporaneamente la logica, e magari solo per pochi attimi fermare lo scorrere del tempo. Nella misura del possibile dissolvere il proprio essere nel paesaggio. Far apparire ogni cosa come una natura morta neutrale.
Una natura morta neutrale. Come a dire non partecipanti attivi di quello che sta accadendo ma semplici spettatori senza alcun potere per intervenire. La notte, la nostra oscurità interiore, lo scorrere del tempo non sono cose che possiamo modificare ma non è solo questo. Il punto è che guardiamo senza intervenire e allo stesso tempo non riusciamo a cogliere la differenza tra giusto o sbagliato, bene e male. Siamo neutrali e morti di fronte a quello che non possiamo cambiare.
Però non tutto è estremo, continua Murakami, la nostra vita non è che si possa dividere semplicemente in due, allegra o triste. Fra questi due estremi c’è tutta una serie di sfumature. Una persona equilibrata riconosce e cerca di capire la gradazione di queste sfumature. E per acquisire equilibrio mentale sono necessari tempo e sforzo adeguati.
A questo punto entra in gioco una caratteristica, tipica dei giapponesi, che personalmente ho sempre percepito con un misto di ammirazione e inquietitudine: questa continua ricerca dell’equilibrio mentale, di un ordine assoluto e totalizzante in tutti i campi della vita, dal sapere per filo e per segno tutti gli orari di tutte le coincidenze di tutti i mezzi da prendere per andare da un punto all’altro della città al perdersi completamente nella dedizione del proprio lavoro, sia esso un impiego di livello per una multinazionale oppure un modesto part-time per un’azienda di pulizie. Questa caratteristica dei giapponesi me li ha fatti sempre sembrare inquietanti e, in un certo qual modo, poco umani: come se la comprensione delle sfumature di cui parlava Murakami, e quindi il raggiungimento dell’equilibrio mentale,comportasse, come prezzo da pagare, la perdita di una quota significativa del proprio essere umani. Normali diremmo in un eccesso di semplificazione.
Al di là delle divagazioni filosofiche After Dark rimane un romanzo ben congegnato e costruito su basi narrative che fanno l’occhiolino alla tecnica di regia e fotografia tipiche dei film nipponici: leggendo il libro, infatti, si ha come la sensazione di vedere un film con personaggi dai volti poco definiti, perchè alla fine dei personaggi non abbiamo proprio bisogno quando è il dipanarsi della vicenda il protagonista assoluto del romanzo.