PC
TESTATO SU
PC
Genere: Gioco di Ruolo Giapponese
Sviluppatore: Ghostlight
Produttore: Ghostlight
Distributore: Ghostlight
Lingua: Giapponese (sub ENG)
Giocatori: 1
Data di uscita: 03/10/2013
Il sistema a "generazioni" è interessante Minestrina riscaldata più volte ma ancora fredda
Un po' di hentai è sempre apprezzato Si nota in modo evidente il peso degli anni
Almeno un esponente del genere approda finalmente su PC Pochissimi appassionati potrebbero apprezzarlo
JRPG. Cosa vi viene in mente leggendo questa sigla? Agli appassionati (qualcuno ha detto otaku?) l’acronimo racchiude in sé l’essenza della gioventù, di nottate insonni perse a salire di livello, parlare con una miriade di personaggi più o meno caratteristici, combattere mostri sempre enormi, di ore ed ore passate a girovagare per ambientazioni fantastiche (possibilmente cercando di evitare una buona parte delle migliaia di incontri casuali) frutto dell’immaginazione e del talento di artisti orientali spesso provenienti dal meraviglioso e prolifico mondo della fumettistica made in Japan e prestati per l’occasione all’industria videoludica. Molti conosceranno solo le serie più famose, o perlomeno quelle approdate su console vecchie e nuove, ma forse non tutti sanno che in un tempo ormai lontano anche il PC è stato territorio di conquista per la particolare tipologia di gioco di ruolo di cui diremo tra breve… Era ormai tramontata, se non fosse per qualche sporadica uscita che passa un po’ sotto silenzio – vuoi per il genere, vuoi per la non brillante fattura – e che va ad arricchire lo store digitale di Valve, magari grazie alla promozione ottenuta tramite l’iniziativa Steam Greenlight.
In ordine di tempo, l’ultima di queste apparizioni la dobbiamo alla costanza di Ghostlight nel riproporre nuovamente – e ad anni di distanza dalla sua ultima incursione – una serie che, a scapito della sua grande settorialità, aveva comunque trovato un discreto numero di sostenitori sulla cara “vecchia” Playstation 3 e successivamente anche su Xbox (ma questo più che altro in USA), accoccolandosi comodamente e beandosi della sua piccola nicchia.
<img class="aligncenter size-full wp-image-111743" alt="agarest-generations-of-war-evidenza" src="http://immagini.z-giochi.com/2013/11/agarest-generations-of-war-evidenza.jpg" width="638" height="249" />
Stessa guerra, altro gioco
Agarest: Generations Of War approda sui nostri PC senza tanto clamore, con un porting che si accontenta, sostanzialmente, di essere se stesso, certo arricchito di quasi tutti i DLC usciti, ma senza sorprese e senza stravolgimenti nell’impostazione tutta che abbiamo già abbondantemente giocato e visto sugli schermi dei nostri televisori circa sei (!) anni fa. Da allora le cose purtroppo non sono cambiate, come diremo a breve.
Per chi non l’avesse mai sentito nominare, Agarest: Generations Of War è l’essenza del gioco di ruolo giapponese: scontri rigorosamente a turni rappresentano il pane quotidiano in una guerra, i cui pretesti si perdono nel tempo, che dilania da anni due opposte fazioni, quella della luce e quella delle tenebre; la nostra entrata in scena avviene proprio nel momento in cui l’escalation di attacchi e violenza sta portando morte e distruzione nel regno e tutto ciò deve essere arginato il prima possibile, per portare pace, o distruzione, a seconda delle vostre scelte. Sì, ma chi può farlo? Ovviamente, secondo i canoni dell’estetica giapponese l’ingrato compito viene preso in carico, malavoglia, da eroi poco più che adolescenti, i soli in grado di sopportare fatiche inimmaginabili (a cui immancabilmente sovvengono pesanti dubbi esistenziali, salvo poi salvare sempre il mondo) mossi dagli alti ideali di giustizia, fratellanza, amicizia ed amore. Nulla di nuovo direte voi. Beh, esiste in realtà una particolarità che distingue la serie Agarest dalla massa: l’avventura si sviluppa infatti attraverso molteplici “generazioni” di eroi, tutti discendenti del primo paladino. Il nostro cammino inizia con il capostipite adolescente della dinastia, ma la storia non muore col protagonista, bensì prosegue in capo agli eredi (scusate il linguaggio giuridico, deformazione professionale) chiamati a completare ciò che è stato iniziato. Il sistema così congegnato (chiamato Soul Breed) rimanda subito a pensieri impuri e licenziosi. Ebbene è esattamente quello che avete pensato. Per far sì che vi siano degli eredi, i protagonisti di turno si dovranno accoppiare con dolci e formose eroine che daranno alla luce l’erede successivo, guarda caso sempre maschio. Il meccanismo è quanto mai legato alla mentalità di puro “fan service” fatto e finito, appannaggio del gusto e delle passioni tipicamente giapponesi derivanti dai, così conosciuti, “sim date”, in cui si deve corteggiare una ragazza virtuale con la speranza di concludere… sempre virtualmente, è ovvio.
Questo aspetto è costantemente presente nel gioco tramite un apposito indicatore che rivelerà l’effettiva maggior vicinanza di un’eroina piuttosto di un’altra, in quanto per poter scegliere la concubina giusta a cui affidare il frutto degli eroici lombi è necessario continuare a parlare con i membri del gruppo e a tessere relazioni interpersonali che passeranno, a seconda dell’intimità creata con la pulzella di turno, alla fase minigame hentai… e qui è meglio fermarsi. Ciò che a noi più conta è che il neonato sia sano e forte; effettivamente egli erediterà non solo i cromosomi dell’eroico padre, ma anche alcune caratteristiche e tratti della madre. Per cui scegliete con attenzione le vostre fidanzate virtuali, vi renderanno più facili (o più difficoltosi) gli scontri sostenuti successivamente dal nuovo esponente della dinastia! Potete comunque sbizzarrirvi nello scegliere le procaci signorine, tanto la trama è lineare e non cambia rispetto le scappatelle effettuate.
È questo il mio turno?
Come abbiamo ricordato poco più sopra, anche il combat system risulta completamente adagiato sulla classica logica dei giochi di ruolo orientali, pregno di combattimenti, solo che in Agarest il sistema è da classificare nel genere degli strategici a turni, con un campo di battaglia sostanzialmente rappresentato da una griglia piatta e suddivisa in caselle, su cui comunque torneremo a breve. Gli incontri comunque non sono casuali, nel senso che gli eventi ostili appariranno come dei puntini rossi su una world map stilizzata che richiama le carte geografiche antiche e su cui si muove – seguendo il percorso stabilito – il piccolo avatar bidimensionale del protagonista, unico rappresentante per l’intero party al suo seguito. Ad ogni modo, al contrario delle classiche mappe aperte ad incontri casuali che tutti conosciamo, la maggior parte delle volte questi (comunque molti) scontri saranno necessari per poter giungere a destinazione, dato che spesso si frappongono tra voi e l’obiettivo; quindi rassegnatevi ad affrontarli – quasi – tutti.
Una volta entrati in combat mode, in realtà, non c’è molto da fare. I combattimenti, come abbiamo anticipato poc’anzi, avvengono a turni, per capirci un po’ come i vecchi, cari, Final Fantasy Tactics, Fire Emblem o Disgaea; solo che Agarest presenta un campo di battaglia in visuale isometrica tridimensionale rigorosamente piatto e suddiviso in caselle, al pari di una semplice scacchiera. Scordatevi le strategie basate su vantaggi derivanti da posizioni elevate, da ostacoli che impediscono l’attacco del nemico o che consentono momentanee ritirate. Lo scontro dunque si svolge sempre sulla medesima griglia piatta, senza se e senza ma, con fondali che definire ripetitivi è, purtroppo, dir poco.
L’azione vera e propria invece non riserverà sorprese per i veterani di questo particolare genere, essendo sostanzialmente suddivisa in due momenti ben distinti all’interno di ogni turno (il cui ordine viene determinato dal valore di “iniziativa” di ogni personaggio): la fase di movimento e la fase d’attacco. Durante la prima potremo utilizzare gli Action Points dei nostri eroi per muoverli entro un determinato raggio d’azione che dipenderà dalla quantità di punti che vorrete spendere; durante la seconda invece – quella in fin dei conti più interessante – si potranno utilizzare sempre i già citati Action Points per compiere le classiche azioni di rito quali attacco (solo speciale però, in questo JRPG non esiste l’attacco normale, con continuo inutile ed anomalo consumo di AP), difesa, utilizzo degli oggetti consumabili e, più avanti nel gioco, l’utilizzo delle cosiddette Arts; ossia attacchi super speciali che combinano gli effetti di differenti abilità normali. C’è di più; sulla griglia è possibile disporre i membri del gruppo in modo tale da creare una sorta di connessione tra loro (evidenziata da un flusso di energia) che permette di eseguire dei potenti, spettacolari, nonché esplosivi combo attacks in pieno stile giapponese (e che ricordano abbastanza da vicino le collaborazioni tra i personaggi in Disgaea). Alla fine degli scontri si riceve una valutazione in base all’abilità dimostrata in battaglia ed i classici loot e punti esperienza per ogni membro del gruppo.
Il combat system come avrete notato non presenta nulla di nuovo od eclatante, salvo il fatto che non esiste l’attacco normale, ma solo le special skills. Il problema principale dell’intero gameplay rimane comunque lo stesso sistema di controllo, assolutamente scomodo e non ottimizzato per l’hardware di riferimento. Anche se è possibile utilizzare il mouse, questo risulta scomodo, impreciso e non reattivo, senza contare la staticità della visuale che impedisce di vedere bene e cliccare i riquadri nascosti dai personaggi; tutto ciò vi farà di gran lunga preferire la tastiera per compiere tutte le azioni del caso.
Ah, gli anni ’90…
La precisa scelta di portare su PC Agarest: Generations Of War “così com’è” si riflette anche nel comparto grafico e sonoro, non esattamente al passo coi tempi e più consoni ad un JRPG d’epoca. Intendiamoci, il character design è ben fatto e curato, come accade spesso in questo tipo di produzioni, così come lo sono i disegni che accompagnano e spiegano lo svolgersi della trama, nonché le sezioni erotiche. Proprio così. L’età però rappresenta spesso un brutto cliente, soprattutto per l’engine grafico che risente degli anni trascorsi senza che nessuno si curasse di lui. Infatti, dalla prima apparizione, qualche annetto fa, tutto è rimasto invariato, senza il benché minimo upgrade. Le opzioni grafiche non sono molte, ma il risultato in ogni caso non cambia di molto. La risoluzione è paragonabile a quella di un gioco di ruolo per la Playstation 1. La schermata principale è rappresentata da una mappa stilizzata su cui compariranno dei puntini che a seconda del colore potranno indicare un evento, uno scontro o una città in cui poter comprare, vendere o forgiare equipaggiamento ed oggetti; gli sprite bidimensionali pixelati low def dei personaggi si ritrovano, durante gli scontri, in un ambiente tridimensionale povero, statico, leggermente sgranato ed alquanto ripetitivo, con una semplice griglia piatta e giusto pochi (pochissimi) fondali, usati forse solo per dare la parvenza di un campo di battaglia. Anche gli effetti speciali che scaturiscono dalle super combo effettuate rimandano la mente indietro nel tempo, fino agli anni ’90, dove quei prodigi colorati erano sempre seguiti da qualche sonoro “Uao!”
Stessa cosa dicasi anche per il comparto sonoro. Certo fa sempre piacere settare il doppiaggio in lingua Giapponese, per immedesimarsi totalmente, ma l’enorme (per non dire improponibile) mole di dialoghi a volte abbastanza lunghi – e non sempre memorabili a dirla tutta – costringe comunque il giocatore a leggerseli senza possibilità di scampo. La colonna sonora imita gli epici pezzi di un tempo, tentando di dare il ritmo all’avventura ma, anche in questo caso, l’epicità latita.
<img src="http://img.youtube.com/vi/JJ0Sc7-qWkA/0.jpg" alt="Immagine anteprima YouTube" /> IN CONCLUSIONEAgarest: Generations of War con un maggiore impegno e con i dovuti interventi di manutenzione e restauro poteva essere un lavoro che ogni buon giocatore avrebbe dovuto installare almeno una volta nel proprio PC, tanto più che l’hardware in questione ormai da molti anni non ha più visto nemmeno la pallida ombra di un buon JRPG tattico. Invece, la scelta di riproporlo per l’ennesima volta senza rimaneggiamenti e a metà strada tra un “sim date” ed uno strategico a turni risulta francamente incomprensibile, o al massimo adatta ad una ristrettissima cerchia di appassionati(ssimi) amanti delle “giapponesate”. In fondo, forse, è ciò che Ghostlight cercava. O forse no? ZVOTO 5