E’ stata una settimana folle. Cominciata con il lunedì del catetere, che ha visto, oltre alle consuete cinque ore e al cinema scolastico, una riunione straordinaria del corso serale (di cui la ‘povna non fa parte, ma al quale è stata chiamata in quanto coordinatore dei Pesci, perché “dovremo fare gli esami di idoneità; normalmente non erano aggregati a quella classe, ma abbiamo deciso così – è stata la preside Barbie – perché ci sembrava meglio”) e un raffinato melodramma esploso tra i Merry Men, che hanno preso un rapporto (e, sì, l’ha dato, consapevole, la ‘povna, a sei di loro, rispettivamente: Cirillo Skizzo, Earnest, Stuffy, Piccolo Giovanni, Weber e Rebecca). E per questo (complice anche un abile predicozzo a opera di Daddy Longlegs), al grido di “noi l’abbiamo delusa”, hanno pianto per due ore. E’ continuata il martedì, con il consiglio degli Anatri, e il mercoledì, con quello dei Merry Men medesimi, al quale la ‘povna ha abbinato un arrivo a scuola con due ore di anticipo, per terminare finalmente la burocrazia che avrebbe dovuto fare Mickey Mouse (“sì, è meglio se vieni tu, a me i conti non riescono”) per l’Appennino. Ieri è stata la volta dei Maculati e dei Pesci. E, in un caso, ha assistito alle esplosioni e all’incoerenza di Voglio-la-mamma e di S(t)olida (“ma davvero vi riesce così arduo, provare a fare pace col cervello?”). Per quanto riguarda i Maculati, la ‘povna non ha fatto in tempo a varcare la porta del consiglio, che Squallido le ha affibbiato due studenti da seguire per lo stage di fine anno.
“Ok, nessun problema: mi prendo Rotondo e Piccolo Elfo”.
“Contenta te, ‘povna”.
“Sì, molto: quelli di Castagnone mi appartengono. E poi” – sorriso perfido – “sai che il Piccolo Elfo è la nipote della senatrice QuestaQuella?”.
Sguardo improvvisamente interessato:
“Ma dai, non lo avrei mai detto…”.
“Forse” – pensa la ‘povna – “è perché tu non chiedi”.
Nel mezzo, la ‘povna si è goduta la processione delle famiglie, tutte, a salutarla: degli alunni attuali, dei pregressi, di quelli in supplenza. Sono stati commozione, baci, e abbracci: per chi è in quinta, e questa è l’ultima volta (la mamma della Testarda), per chi saluterà il prossimo anno (i genitori dei Pesci, con molte lacrime negli occhi), per coloro che sono ancora spersi (i Maculati, per esempio – e la mamma di Gian Burrasca ha portato a salutarla anche la nonna). Intanto, la mattina, Hal9000 la chiamava ancora a casa, mentre si lavava i denti: “Pronto ‘povna, è urgente, devi subito scrivere sulla piattaforma del progetto tecnologico”; “Ok” – sputo nel lavandino – “lo faccio appena arrivo al treno”.
E via così, come una gara a ostacoli. La sera, per non farsi mancar nulla, è uscita con gli Amici Vicini, e anche la Scurza (e pure Viola e l’Altra); quando, è ovvio, non la aspettava Corto sul canale telematico, a parlare fino alle ore piccole della sua ritrovata produzione narrativa.
Oggi, venerdì, quasi quasi respira, che ha solo quattro ore di lezione, il coro, e una riunione politica. Così il tempo per scrivere di letteratura è poco o nullo. Figuriamoci quello di leggere. La ‘povna rimedia, allora, parlando di una serie poliziesca assai leggera, ma piacevole. Che le tiene buona compagnia quando le cose da fare sono troppe, come occasione di intrattenimento puro.
Dal punto di vista schiettamente narratologico, il racconto delle vicende di Agatha Raisin (l’elenco delle storie finora pubblicate sta qui sotto) si fa sempre (complice una traduzione quanto meno frettolosa – che continua a essere il punto di debolezza di una casa editrice che punta alla raffinatezza delle scelte come atout di eccellenza) più sconclusionato e dilettantesco: gestione del punto di vista allegra e senza particolare cura, personaggi piatti che vengono presentati con troppa, o troppo poca, giustificazione narrativa, snodi decisivi della trama lasciati cadere dal niente, senza alcuna plausibilità di intreccio. Eppure, nonostante tutto, le storie di Agatha Raisin si fanno leggere. Perché sono piacevoli, perché sono divertenti, perché per nulla pretenziose. La ‘povna le trova una lettura riposante, per impegnare la testa senza esagerare troppo; per esempio durante una settimana di lavoro pazzo. Oppure per un viaggio in treno. Proprio per questo, però, il prezzo per un libro del genere è dichiaratamente troppo alto, perché non è possibile chiedere al lettore 15 Euro per una storia che ha il contenuto, ma anche la forma, del più rapido dei vecchi gialli settimanali Mondadori).
Agatha Raisin e la quiche letale
Agatha Raisin e il veterinario crudele
Agatha Raisin e la giardiniera invasata
Agatha Raisin e i camminatori di Dembley
Agatha Raisin e il matrimonio assassino
Agatha Raisin e la turista terribile