Meno di 48 ore dalla libertà eppure un detenuto di 56 anni, di origini catanesi. Il detenuto si chiama Filia Agatino. L’uomo si è suicidato mediante impiccagione, con una corda ricavata da un lenzuolo, nella tromba delle scale di accesso alla sezione, ha così dichiarato Eugenio Sarno – Segretario Generale UIL PA Penitenziari.
La morte è avvenuta nel carcere livornese delle Sughere, Agatino domenica sarebbe uscito, per fine pena. ”Era un uomo solo e angosciato da cosa la vita poteva rappresentare, aveva paura delle prospettive, del futuro” ha dichiarato il garante dei detenuti di Livorno Marco Solimano. Evidentemente era un uomo fragile, che non e’ riuscito a sottrarsi da un pericolo non palpabile ma enorme, cioe’ l’incertezza e l’incapacita’ di tornare fuori dal carcere”.Agatino lavorava come addetto alle pulizie, è il suo il 56 caso di suicidio dal 1mo di gennaio 2011.
” Riteniamo che un suicidio messo in atto a 48 ore dalla libertà debba aprire a nuove, amare, considerazioni su cosa è oggi la detenzione in Italia e sulle genesi di tali atti estremi. Considerato che non è il primo suicidio verificatosi in carcere in prossimità di remissione in libertà, è plausibile parlare di sindrome da paura di adattamento sociale. Evidentemente un sistema penitenziario, ingessato e paralizzato dall’impossibilità di affermare il mandato rieducativo e risocializzante della pena e, quindi, non in grado di preparare ad una nuova vita sociale, contribuisce ad alimentare ancor più quella spirale di disperazione che è fonte di tanti atti di autolesionismo o autosoppressione. Purtroppo ogni appello alla politica ed ai politici sul dramma penitenziario sembra cadere nel vuoto, persino il monito del Presidente Napolitano sulla prepotente urgenza di restituire civiltà e costituzionalità al sistema penitenziario, definito dal Capo dello Stato vergogna ed orrore in Europa, non trova la giusta considerazione e la necessaria attenzione.
Oggi la UIL è in piazza per lo sciopero generale indetto nel pubblico impiego. La massiccia adesione di personale penitenziario e lo stato di agitazione del personale di polizia penitenziaria ( a cui è impedito per legge di scioperare) stanno a testimoniare la grande amarezza, lo sconforto, la rabbia, la frustrazione di chi quotidianamente è consapevole di dover affrontare una emergenza ordinaria privo di mezzi, strumenti e dotazioni”.