I Saggi a cui è affidato in questo momento l’Italia hanno steso un documento in cui mettono nero su bianco le proposte per uno sviluppo economico-sociale del Paese. Tra le richieste spicca senz’altro quella di mantenere le detrazioni al 55% per gli interventi di risparmio energetico e al 50% per le ristrutturazioni. Si parla molto di ambiente, di settore energetico e riqualificazione urbana, oltre che di limitazione del consumo di territorio.
L’Agenda possibile, la Relazione finale elaborata dal “Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea”, istituito a fine marzo dal Capo dello Stato e composto da Filippo Bubbico, Giancarlo Giorgetti, Enrico Giovannini, Enzo Moavero Milanesi, Giovanni Pitruzzella e Salvatore Rossi, è pronta, e stabilisce alcuni punti fondamentali:
- provvedere in tempi rapidi al pieno recepimento e adempimento della normativa dell’Unione europea in materia ambientale;
- rivedere la normativa sul consumo del suolo al fine di contenerlo e di favorire la valorizzazione delle aree agricole;
- creare strumenti per la riqualificazione urbana che favoriscano interventi di ristrutturazione e riqualificazione, anche in funzione antisismica;
- aumentare l’efficienza energetica e introdurre misure per migliorare il ciclo dei rifiuti.
Settore energetico
Il settore energetico riveste un’importanza cruciale nel documento presentato dal Gruppo di lavoro al Capo dello Stato e ai partiti. “Tra le varie priorità c’è quella di ridurre i costi dell’energia, in un contesto di salvaguardia ambientale”.
Dal punto di vista della generazione “esiste una forte capacità produttiva di operatori termoelettrici, che hanno investito negli ultimi dieci anni circa 25 miliardi di euro per l’ammodernamento del parco centrali. Di fronte alla stagnazione della domanda ed al crescente ingresso nel mercato di impianti alimentati da fonti rinnovabili, si stanno registrando forti sofferenze finanziarie che spingono alcuni operatori a mettere in conservazione parte della loro capacità produttiva, con la conseguenza che il mercato elettrico potrebbe tornare a concentrarsi. Questa situazione può essere trasformata in opportunità, sfruttando la maggiore flessibilità che caratterizza il sistema italiano rispetto a quella di altri Paesi europei come Francia e Germania, dove prevalgono forme rigide di produzione basate sul nucleare e il carbone. Emerge nell’Unione europea una carenza di capacità e di flessibilità della generazione di energia elettrica che per l’Italia deve tradursi in un’opportunità economica, diventando un esportatore netto dei servizi di flessibilità”.
Per quanto riguarda invece il mercato del gas, esso “soffre delle gravi carenze di flessibilità dei sistemi di approvvigionamento. Il nostro Paese è fortemente dipendente dalla fornitura via condotte, e quindi dai produttori esteri. La rigidità dell’offerta di gas ‘a monte’ mantiene i prezzi alti e ostacola la concorrenza nei mercati ‘a valle’. Ne risente il prezzo dell’energia, stante la prevalenza nel mix produttivo di centrali a gas, e la possibilità che la concorrenza nei mercati all’ingrosso e al dettaglio – rafforzata dalla recente separazione della rete dall’Eni – possa dispiegare in suoi effetti benefici.”
Tali discorsi conducono a una conclusione: “Andrebbero attuati subito gli indirizzi contenuti nella Strategia Energetica Nazionale, che insiste sulla necessità di creare abbondanza di offerta di gas, attraverso i terminali di rigassificazione già costruiti o autorizzati”.
Sul fronte della riqualificazione energetica vanno segnalate anche le opportunità rappresentate dalla programmazione dei Fondi strutturali europei 2014-2020 e dal Fondo Kyoto già operativo presso CDP, il quale prevede esplicitamente il sostegno finanziario agli interventi finalizzati a migliorare gli utilizzi finali dell’energia nell’housing sociale, strumento dal quale vanno eliminati quei vincoli che lo rendono scarsamente fruibile. Va poi incentivata l’istituzione a livello locale di soggetti di partenariato pubblico-privato (Agenzie locali per la riqualificazione) che promuovano e coordinino la realizzazione degli interventi programmati dall’ente locale, con il compito di far convergere sulle iniziative di riqualificazione tutte le risorse e le modalità di incentivazione disponibili.
Il regime fiscale agevolato per interventi di ristrutturazione e riqualificazione, anche in funzione antisismica e di efficienza energetica, dovrebbe essere mantenuto e opportunamente ampliato a valere sul gettito dell’IMU, mentre ai comuni dovrebbe essere attribuita la facoltà di individuare ambiti di rigenerazione urbana nei quali poter disporre, per un periodo massimo di dieci anni, un regime fiscale agevolato. La CDP dovrebbe avviare un nuovo strumento finanziario, garantito da beni demaniali, per favorire l’accesso al credito dei proprietari di immobili ricompresi negli ambiti di rigenerazione urbana che intendano investire per la sicurezza antisismica e il risparmio idrico e energetico degli edifici, utilizzando i risparmi dei costi energetici e di manutenzione per ottenere condizioni finanziarie e tassi d’interesse vantaggiosi”.
Adeguamento alle regole Ue di protezione dell’ambiente
L’adeguamento ai parametri europei di protezione dell’ambiente rappresenta un importante fattore di crescita, di modernizzazione e di benessere collettivo. L’Italia è fortemente deficitaria per quanto riguarda il rispetto delle regole Ue in materia ambientale e negli ultimi anni le sono state contestate numerose infrazioni, con forte probabilità di ingenti sanzioni.
Ambiente ed efficienza energetica
“L’ambiente non è solo qualcosa da proteggere. Va migliorato continuamente. In questo modo non solo si eleva la qualità della vita dei cittadini, ma si rafforzano le opportunità di far crescere l’Italia sul piano economico e sociale, rendendolo un Paese attraente nel panorama mondiale, dove vivere bene e di cui apprezzare i prodotti e i servizi. Per questo, si deve puntare a realizzare le possibilità offerte dalla cosiddetta green economy e assicurare la messa in sicurezza e la tutela del territorio e del paesaggio.”
In Italia “si verificano mediamente sette eventi disastrosi all’anno, con vittime, feriti, migliaia di senzatetto e danni economici ingentissimi, connessi anche alla distruzione di beni culturali ed ambientali. Lo Stato spende in media circa un miliardo all’anno per riparare i danni causati dal dissesto, mentre per la prevenzione vengono spesi in media 400 milioni di euro all’anno. Il Ministero dell’Ambiente ha stimato che, per mitigare il dissesto idrogeologico e idraulico, sarebbero necessari investimenti pari a 40 miliardi di euro in 15 anni (circa 2,7 miliardi all’anno).”
Solo integrando sviluppo economico e ambientale si può arrivare al salto culturale e a una maggiore sinergia tra interventi infrastrutturali, di politica industriale e di natura ambientale, allo scopo di perseguire lo sviluppo sostenibile sostenuta a livello globale, su cui l’Italia ha assunto impegni precisi.
Ciclo dei rifiuti e scorie nucleari
“Se la promozione della raccolta differenziata costituisce il presupposto per la trasformazione del rifiuto in merce dotata di valore economico, si potrebbe prevedere la destinazione di una parte dei ricavi derivanti dalla vendita del materiale differenziato all’abbattimento del costo della raccolta dei rifiuti pagato dai cittadini e dalle imprese. Questo provvedimento aumenterebbe gli incentivi a comportamenti virtuosi, favorendo lo sviluppo di una cultura diffusa orientata al riciclo dei rifiuti (…). Si dovrebbe procedere ad una liberalizzazione di tutte le fasi della filiera della gestione dei rifiuti, che non devono essere necessariamente svolte in regime di privativa: in pratica, tutte le fasi che si situano a valle delle attività collegate alla raccolta urbana dei rifiuti dovrebbero essere liberalizzate. Inoltre, un impulso all’utilizzo dei materiali provenienti dal recupero e riciclaggio dei rifiuti potrebbe derivare dall’imposizione alle pubbliche amministrazioni dell’obbligo di acquistare prodotti realizzati con materiale riciclato”. Leggi anche Guidambiente.
Servizi pubblici locali
Il settore dei servizi pubblici locali (rifiuti, acqua, trasporto urbano, illuminazione, ecc.) è al centro della discussione. “In questo campo attualmente prevale la formula secondo la quale gli enti locali gestiscono il servizio tramite una società da essi direttamente controllata. Accanto a realtà caratterizzate da notevole efficienza ve ne sono molte altre in cui la gestione risulta in perdita, con notevole aggravio per la finanza pubblica e inefficienze del servizio, che si traducono in un pregiudizio grave per gli utenti (…) in molti casi mancano le risorse adeguate per assicurare la qualità del servizio e per migliorare, o anche solo manutenere, le infrastrutture. In realtà, si tratta di settori con un forte andamento anticiclico che potrebbero, soprattutto in un momento di crisi, attrarre investimenti privati. Una simile prospettiva va necessariamente armonizzata con l’esigenza che l’ingresso di privati non porti pregiudizio ai fondamentali diritti che sono tutelati tramite l’erogazione del servizio stesso e con il fatto che tali servizi utilizzano comunque dei beni comuni (come l’acqua). Perciò, la presenza dei privati va bilanciata da forti poteri di regolazione delle autorità pubbliche (in particolare l’Autorità per l’energia elettrica e il gas e l’Autorità per i trasporti), dall’indirizzo generale e dal controllo politico degli enti locali, dalla proprietà pubblica delle infrastrutture fisiche”.
Infrastrutture
La Relazione pone le basi per il miglioramento, alzando la soglia “di 500 milioni per usufruire del credito d’imposta previsto dall’attuale normativa sulle opere. Secondariamente, sarebbe utile un maggior coinvolgimento della CDP, sia nella fase di individuazione delle infrastrutture da realizzare, sia nelle fasi di definizione e di finanziamento del progetto. A tal fine la garanzia dello Stato potrebbe essere estesa su tutta la raccolta di fondi effettuata da CDP, secondo i modelli tedesco e francese, dotandola della stessa ampiezza di intervento di cui godono, come promotori e finanziatori dello sviluppo economico, gli enti consimili in tali paesi. Infine, si segnala come un rafforzamento della cooperazione fra Regioni, prevista dalla Costituzione, possa molto facilitare il disegno e la realizzazione di progetti infrastrutturali che riguardano un’area vasta, nonché l’accesso ai fondi europei.”
Expo 2015
L’Expo 2015 “è un’occasione unica da non perdere” e a due anni dall’evento “è urgente dare un assetto definitivo alla sua governance e configurare i luoghi decisionali speciali per coglierne al meglio le grandi opportunità”. I saggi propongono di “istituire un Comitato interministeriale per assumere le decisioni strategiche e assicurare il coordinamento fra le varie amministrazioni dello Stato. Presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dovrebbero farne parte i ministri rilevanti per materia, i rappresentanti della Regione Lombardia, delle altre regioni e delle istituzioni rilevanti”.
In occasione dell’Expo va perseguito come obiettivo “quello di costruire, nei prossimi due anni, una strategia unificante, culturale ed economica, di promozione internazionale dell’Italia basata sul concetto di qualità della vita, che trova nel paesaggio e nel patrimonio culturale unico al mondo, nell’ambiente e nella creatività i suoi principali componenti”.
Perciò si propone la definizione di un piano straordinario di ammodernamento e potenziamento delle strutture ricettive e turistiche, da realizzare nei prossimi due anni attraverso interventi fiscali, creditizi e formativi autorizzati e finanziati (quando possibile) dall’Unione europea.
La normativa esistente va rivista allo scopo di favorire le iniziative private (comprese le sponsorizzazioni) per rafforzare la tutela del paesaggio, la valorizzazione del patrimonio storico e la gestione dei servizi culturali.
Sarebbe opportuno costituire un fondo straordinario pubblico-privato per i beni culturali, che coinvolga anche fondi UE e risorse provenienti dall’estero (filantropi globali, italiani all’estero, ecc.). Il fondo dovrebbe prima di tutto finanziare un censimento digitale completo del patrimonio culturale.
Consumo di suolo
Occorre fissare e conseguire obiettivi pluriennali di contenimento quantitativo del consumo di suolo attraverso la pianificazione territoriale e urbanistica, da fissare d’intesa tra lo Stato e le Regioni sulla base di un Rapporto annuale al Parlamento.
La proposta dei saggi prevede l’introduzione di un contributo per la tutela del suolo e la rigenerazione urbana legato alla perdita di valore ecologico, ambientale e paesaggistico determinato dal consumo di suolo, contributo che si dovrebbe aggiungere agli obblighi di pagamento connessi con gli oneri di urbanizzazione e con il costo di costruzione. Il contributo esistente per interventi su aree edificate o comunque utilizzate ad usi urbani e da riqualificare andrebbe contestualmente ridotto o soppresso.
Riqualificazione urbana
Ecco il punto di vista dei saggi: “Tutti gli indicatori demografici ed economici confermano un cambiamento radicale in termini dimensionali della domanda abitativa condizionata dalla dinamica dei nuclei familiari, dai flussi migratori, dall’invecchiamento della popolazione e dalla capacità reddituale. Inoltre, il patrimonio abitativo esistente presenta una bassissima qualità energetica, un’inadeguatezza delle strutture statiche rispetto alle classificazioni sismiche e una scarsa rispondenza degli impianti domestici degli immobili più vecchi non solo a standard di sicurezza adeguati, ma anche alle nuove esigenze di ambienti domestici assistiti: essi, infatti, dovrebbero prevedere livelli di accessibilità e sistemi tecnologici innovativi, in grado di favorire la permanenza degli anziani in casa propria, con positivi effetti di riduzione della spesa sanitaria. Infine, in varie aree del Paese è sentito il tema della riqualificazione delle città, anche per rendere più competitivi i sistemi economici locali e per garantire progetti di integrazione ed inclusione sociale.
Di conseguenza, la rigenerazione urbana, il riuso e la ristrutturazione del patrimonio esistente e la riconversione di aree dismesse possono realizzare l’obiettivo del risparmio di risorse scarse, in particolare il suolo fertile, e a generare una nuova offerta abitativa accessibile, soprattutto ai giovani, e di qualità.
Per far questo occorre rendere più efficace il Fondo Investimento per l’Abitare (FIA) promosso da CDP, il quale ha obiettivi minimi di redditività che impediscono nella sostanza di praticare canoni di locazione maggiormente sociali. Questa criticità può essere risolta operando sul regime fiscale, sulla gestione di immobili o aree demaniali da parte degli enti locali, o da compensazioni dello Stato.