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Agente di viaggi in crisi d'identità
Se oggi chiedessero alle persone una definizione dell'agente di viaggi, quante sarebbero in grado di dirlo?
Potrebbe essere che la risposta sia ancora quella in cui nell'immaginario delle persone l'agente di viaggi è quel personaggio che vive di viaggi e che ha la fortuna di girare il mondo gratis?
Ha ancora senso questa immagine o è ormai superata dall'attualità?
E se la stessa domanda venisse posta agli stessi agenti di viaggi cosa risponderebbero?
Quale ritratto uscirebbe fuori?
Quanti di questi agenti di viaggi si sono fatti incantare da quella promessa di entrare in un mondo dorato che avrebbe dato loro successo professionale e personale, svolgendo un lavoro bello, gratificante, che avrebbe dato loro modo di viaggiare gratis, essendo stati, anche loro, prima di diventare agenti di viaggi, persone le quali ritenevano che questa fosse l'identità della nostra professione?
E cosa ne penseranno, invece, i vecchi agenti di viaggi, entrati in questo mondo in anni lontani in cui tutto era diverso da oggi?
Amano ancora questo mestiere, lo fanno convinti, oppure continuano ad andare avanti solo perché non hanno alternative o non vogliono vedere delle alternative?
Se si scorrono le pagine dei social network, le pagine dei vari gruppi dedicati alla professione, in quella sorta di piazza virtuale e di grosso supermarket dello sfogo, sembra che predomini un senso di generale scoramento, di frustrazione, insoddisfazione che spesso si ripercuote su quel cliente che, invece, dovrebbe essere per noi, che in fin dei conti, al di là delle etichette con le quali ci vogliamo definire, siamo pur sempre dei venditori, il nostro principale alleato.
In mezzo allo sfogo e alla continua lamentela, ci sono anche, e per fortuna, tanti casi di professionisti che continuano ad avere rispetto per il lavoro e per quel cliente, obiettivo comunque del loro lavoro, ma la sensazione è che negli ultimi anni si sia venuta a creare una sorta di frattura tra il cliente da una parte e l'agente di viaggi dall'altra parte.
Sembra di assistere ad una sfida tra chi vuole avere lo scettro del comando: da una parte il cliente che oggi si sente più preparato, più evoluto, più informato, perché pensa di avere tutti quegli strumenti che prima gli mancavano e dall'altra l'agente di viaggi che non accetta di sentirsi colpito nella sua identità e che continua a pensare di essere l'unico depositario dell'immaginario delle vacanze.
Una frattura che non di rado diventa quasi una sfida in cui non sempre c'è uno che perde e uno che vince, perché quando la sfida è portata all'estremo, sia il cliente che l'agente di viaggi ne escano entrambi sconfitti. Forse il cliente ha perso l'opportunità di farsi assistere e seguire da un professionista, l'agente di viaggi ha perso l'opportunità di conquistare e fidelizzare un nuovo cliente.
Ha quindi senso definirsi ancora agenti? dove sta o potrebbe stare la nostra azione? Nel cercare di vincere la partita giocandoci solo l'arma del prezzo, ben consapevoli che non è questa la strada migliore da percorrere, pur se spesso il cliente porta su questo tema la vincita o la perdita della partita? E oggi come si fa a definire il concetto di giusto prezzo dal momento che esso stesso è un prezzo dinamico e variabile all'istante?
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