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Agenzia delle Entrate: circolare 10/E 2014

Da Pukos
Agenzia delle Entrate: circolare 10/E 2014

Con la C.M. 10/E/2014, l’Agenzia delle Entrate riprende i concetti già espressi in sede i Telefisco, del 30.1.2014. In particolare, l’Agenzia, con il citato documento di prassi prende in esame diverse questioni, sia legate alla Legge di Stabilità 2014 sia riguardanti altre questioni “irrisolte”, partendo dalle problematiche legate all’accertamento.

Con riferimento agli accertamenti esecutivi, l’Agenzia fa presente che nel caso in cui l’ufficio abbia sbagliato a chiedere il pagamento di alcune somme di denaro in pendenza di giudizio, il contribuente ha la possibilità di chiedere un riesame in autotutela, ed in ogni caso di proporre ricorso avverso l’atto, per l’esistenza di vizi propri, avanti alla Commissione tributaria provinciale competente. Ancora in materia di accertamento, l’Agenzia delegittima le eccezioni proposte da alcuni difensori degli Agenti della riscossione. La questione riguarda i ricorsi proposti avverso cartelle di pagamento, contraddistinte dalla presenza di vizi propri imputabili sia all’Agenzia delle entrate e sia all’Agente della riscossione, notificati ad entrambi, per i quali:

  • il valore della lite non eccede l’importo di euro 20.000, con la necessità quindi di attendere l’espletamento della procedura di mediazione prima della costituzione in giudizio e il conseguente deposito del ricorso alla segreteria della CTP competente alla decorrenza dei novanta giorni previsti in questi casi;
  • i difensori dell’Agente della riscossione hanno eccepito la tardiva costrizione.

Sulla questione, l’Agenzia, richiamando le indicazioni di cui alla C.M. 9/E/2012 peraltro condivise dalla stessa Equitalia, ritiene del tutto infondata la questione della tardività, ritenendo, invece, valido l’operato del contribuente che porta a termine l’espletamento della mediazione.

Per quanto concerne il rapporto esistente tra la normativa “società di comodo” e l’utilizzo in compensazione orizzontale, ex art. 17 D.Lgs. 241/1997, del credito Iva emergente dalla dichiarazione annuale, l’Agenzia conferma quanto già espresso con la precedente C.M. n. 25/E/2007, secondo l’adeguamento al reddito minimo, previsto dal comma 3 dell’articolo 30 L. 724/1994, risulta essere irrilevante. L’Agenzia ritiene, infatti, che “a prescindere dal fatto che il soggetto interessato sia non operativo ovvero sia in perdita sistematica, la perdita dell’eccedenza a credito avviene qualora, per tre periodi d’imposta consecutivi, il soggetto interessato non effettui operazioni rilevanti ai fini Iva per un ammontare non inferiore ai c.d. ricavi presunti, determinati ai sensi dell’articolo 30 della L. n. 724 del 1994”.

In materia di perdita su crediti, il documento di prassi fornisce un’applicazione della nuova formulazione dell’articolo 101, comma 5 D.P.R. 917/1986, riguardante la deduzione della perdita su crediti prescritti, estensiva. Viene ricordato, infatti, che la modifica della citata disposizione normativa, ad opera del D.L. 83/2012, produce i suoi effetti a decorrere dal periodo d’imposta 2012 e, in ogni caso, già per il passato la prescrizione del credito costituiva un elemento certo e preciso che permetteva la deduzione della perdita.

In materia di rivalutazione dei beni, ex articolo 1, comma 143 L. 14/2013, l’Agenzia conferma l’impossibilità di operare una rivalutazione esclusivamente civilistica, giustificando tale “chiusura” ritenendo che la formulazione della citata disposizione normativa sia analoga a quella stabilita dall’articolo 1 comma 470  L. 266/2005, secondo cui la rivalutazione contabile deve necessariamente assumere valenza fiscale con il versamento dell’imposta sostitutiva. Ancora per quanto concerne i beni strumentali, ma con riferimento alla rilevanza ai fini IRAP delle eventuali sopravvenienze realizzate a seguito di un evento calamitoso, l’Agenzia ritiene assimilabili le stesse a quelle realizzate in caso di alienazione. Pertanto, anche se classificate tra i componenti straordinari di reddito, tali sopravvenienze attive e passive assumono rilevanza ai fini IRAP.

Con riferimento alla corretta gestione dei contratti di leasing relativi ai veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti per oltre la metà del periodo d’imposta, ex art. 164, lettera b-bis) DPR 917/1986, l’Agenzia conferma che non può trovare applicazione la c.d. “maggiorazione della durata minima fiscale” prevista dal comma 7 dell’articolo 102 DPR 917/1986, che trova, invece, applicazione per le auto aziendali, di cui alla lettera b) dell’articolo 164 DPR 917/1986.

Pertanto, per i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta, disciplinati dalla lettera b-bis) del comma 1 dell’articolo 164 DPR 917/1986 – al pari degli altri beni mobili dell’impresa – la deduzione dei canoni di leasing relativi a contratti stipulati a decorrere dal 1/1/2014, a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 162, della L.  147/2013, deve avvenire in un periodo minimo pari alla metà del periodo di ammortamento (2 anni).

In materia Irpef, la C.M. 10/E/2014 fornisce i seguenti chiarimenti:

  • per quanto concerne l’effettuazione dei controlli preventivi da parte dell’Agenzia in caso di richieste di rimborso Irpef, di importi eccedenti la somma di euro 4.000 indicati nel quadro F del modello 730/2014, gli stessi saranno eseguiti nel caso in cui sussistano richieste di detrazioni per carichi di famiglia e/o il credito d’imposta derivi da precedenti dichiarazioni comunque generati. Conseguentemente anche in assenza di detrazioni d’imposta per carichi di famiglia, qualora dalla dichiarazione emerga un’eccedenza d’imposta derivante da precedente dichiarazione, il rimborso superiore a quattro mila euro deve essere sottoposto a controllo preventivo da parte dell’Agenzia delle entrate;
  • in materia di “bonus mobili”, viene confermata l’esclusione dei c.d. “interventi minori”, quali ad esempio l’installazione di strumenti contro il compimento di atti illeciti, dalla categoria degli interventi propedeutici alla fruizione del citato bonus arredo. L’Agenzia, con riferimento al caso specifico, afferma che nell’ipotesi, tuttavia, in cui le misure di prevenzione, per le loro particolari caratteristiche, siano anche inquadrabili tra gli interventi edilizi di cui al citato art. 3, comma 1, lettere a), b), c), e d) del DPR n. 380 del 2001 è possibile avvalersi anche dell’ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, fermo restando che gli interventi di manutenzione ordinaria rilevano solo se effettuati sulle parti comuni di un edificio residenziale.

In materia immobiliare, l’Agenzia, dopo aver confermato la deducibilità dell’IMU relativa agli immobili strumentali dal reddito d’impresa nella misura del 30% per l’anno 2013, afferma che tale deducibilità riguarda esclusivamente gli immobili utilizzati “esclusivamente” per l’esercizio dell’impresa, arte o professione. Rimane, quindi, esclusa dal regime di deducibilità l’IMU relativa ad immobili utilizzati promiscuamente. In merito alla deducibilità dell’IMU, l’Agenzia ricorda che:

a)   per le imprese, la stessa risulta essere deducibile solo se effettivamente riferita all’anno 2013 e pagata nello stesso anno. Di conseguenza:

  • l’IMU relativa all’anno 2012, pagata nel corso del 2013, risulta essere indeducibile;
  • l’IMU relativa all’anno 2013, pagata nel corso del 2014, risulta essere indeducibile nell’anno 2013 in quanto manca il pagamento e deducibile nell’anno 2014 all’atto del pagamento mediante una variazione in diminuzione in Unico;

b)   per i soggetti titolari di lavoro autonomo deve essere applicato il principio di cassa di cui all’art. 54 DPR 917/1986, secondo cui sono deducibili le spese sostenute nel periodo d’imposta di riferimento. Con riferimento all’IMU tale regola trova applicazione a partire dall’anno 2013, di conseguenza l’IMU relativa all’anno 2012 pagata tardivamente risulta essere indeducibile in caso di tardivo pagamento.

In materia di redditometro, l’Agenzia conferma quanto già affermato con la C.M. 6/E/2014, con la quale ha recepito le indicazione del Garante della Privacy, affermando che:

  • le spese medie ISTAT sono legittimamente utilizzabili per il calcolo delle spese connesse ad elementi certi;
  • gli importi corrisposti per le spese per beni e servizi di uso corrente, il cui contenuto induttivo è determinato con esclusivo riferimento alla media Istat della tipologia di nucleo familiare ed area geografica di appartenenza (voci della tabella A del D.M. 24 dicembre 2012, definite nella C.M. n. 24/E “spese Istat”) concorrono alla ricostruzione sintetica del reddito e formano oggetto di contraddittorio solo se individuati puntualmente dall’ufficio, mediante i dati disponibili in anagrafe tributaria;
  • la quota di risparmio non utilizzata per spese di investimento o per consumi, concorre alla ricostruzione sintetica del reddito.

Infine, per quanto concerne l’indicazione delle attività detenute all’estero l’Agenzia precisa che:

  • per le attività detenute all’estero per il tramite di una società italiana, il contribuente  non deve indicare tali attività nel quadro RW;
  • per le attività detenute all’estero  per il tramite di una società localizzata in un Paese collaborativo, il contribuente deve limitarsi ad indicare il valore della partecipazione nella società estera;
  • l’approccio look through deve, invece, essere adottato soltanto qualora il contribuente detenga una partecipazione superiore al 25 per cento in una società localizzata in un Paese non collaborativo. In tal caso deve indicare, in luogo della partecipazione, le attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero dalla società.

Fonte: ecnews


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