E' passato un anno che ha visto il nostro Paese precipitare sull'orlo del baratro, tirato poi per la giacca ma sempre in bilico, soggetto (assieme ad altri paesi del Vecchio Continente) a giudizi da parte delle agenzie di rating che hanno fatto arrabbiare tutta l'Europa.
Ma chi sono i "padroni" delle agenzie di rating Usa? Si può ipotizzare un conflitto di interessi?
Moody's ha una struttura piuttosto complessa. La maggioranza del capitale è in mano a un manipolo di grandi azionisti, tutti grandi gestori di fondi di investimento: i primi quattro azionisti controllano il 49% delle azioni. Il primo socio è la Berkshire Hathaway (19,1%), presieduta dal finanziere Warren Buffett, detto "l'oracolo di Omaha", uno degli uomini più ricchi del pianeta secondo Forbes. Seguono società di investimenti come Capital Research Global Investors (10,30%), Capital World Investors (10,03%) e Fidelity Management & Research (9,61%). Ognuno di questi azionisti controlla asset in ogni settore dell'industria e della finanza (inclusi bond stranieri) per centinaia di miliardi di dollari. A sua volta Moody's è una società quotata in Borsa (e quindi soggetta alle fluttuazioni provocate dai suoi stessi giudizi): nel 2009 ha avuto un fatturato di 1,8 miliardi di dollari con utili pre-tasse di 687 milioni.
Standard & Poor's, invece, fa parte del gruppo McGraw-Hill Companies, una public company quotata al Nyse attiva nell'editoria e nei servizi finanziari, che edita tra l'altro il settimanale Business Week. L'azionariato di McGraw-Hill è molto simile a quello di Moody's, anche se con un grado inferiore di concentrazione proprietaria: al primo posto c'è Capital World Investors (presente anche in Moody's) con il 7,69%, quindi T. Rowe Price Associates (6,67%), BlackRock Global Investors (4,39%) e un altro investitore presente in Moody's, ovvero Fidelity Management & Research (3,86%). Nel 2009 i Credit Market Services di S&P hanno fatturato 1,74 miliardi di dollari, contribuendo in maniera sostanziale al fatturato del gruppo McGraw-Hill, pari a 5,95 miliardi di dollari (con utili di 1,17 miliardi).
Diversa la situazione di Fitch, la terza agenzia a livello mondiale con circa il 16 % del mercato (laddove S&P e Moddy's ne hanno circa il 40 per cento a testa). Fitch - il cui giudizio spesso è "arbitro" nel caso di visioni contrastanti fra le altre due grandi agenzie - è controllata al 60% da una holding, la Fimalac, acronimo di Financiére Marc de Lacharriére, posseduta al 65,75% da una persona fisica, Marc Eugéne Charles Ladreit de Lacharriére, detto MLL. Finanziere, al tredicesimo posto fra gli uomini più ricchi di Francia con un patrimonio stimato in 1,1 miliardi di dollari, MLL è un ex banchiere, nato nel 1940 a Nizza, che nel 1991 crea la sua holding, la Fimalac, attraverso la quale acquisisce partecipazioni in molte società: tra le altre Credit Lyonnais, France Telecom, Air France, Renault, Canal Plus. Ha poi disinvestito per dedicarsi interamente ai servizi finanziari, tramite Fitch. Il restante 40% di Fitch è nelle mani del gruppo Hearst. Fitch Ratings nel 2009 ha avuto un fatturato di 683 milioni di euro. Nel primo trimestre del 2010 il fatturato è passato a 115 milioni (+8% sullo stesso periodo del 2009).
E intanto l'Europarlamento si muove e stringe le maglie della regolazione delle agenzie di rating, "ridimensiona" i loro poteri, limita il fenomeno dell'"over-reliance" (ovvero l'eccesso di affidamento nei confronti dei rating delle agenzie), introduce un "calendario" prestabilito per i giudizi sui debiti sovrani, conferma la responsabilità civile per le valutazioni sbagliate e chiede alle Istituzioni europee di dare loro stesse una valutazione dei debiti sovrani. La prospettiva di costruire una agenzia pubblica europea è un'idea che, al momento, resta tale, anche se, a parole, ha ottenuto l'approvazione di molti parlamentari (la decisione è, però dei governi).
Le agenzie di rating sono sott'accusa da parecchio tempo, subiscono attacchi (a volte infondati) ma nulla è cambiato. In Italia è intervenuta anche la megistratura. Manipolazione del mercato e abuso di informazioni privilegiate: queste le accuse della procura di Trani nell'inchiesta contro le agenzie di rating Standard & Poor's e Moody's. Indagati, tre analisti di S&P (tra i quali anche Moritz Kraemer, responsabile per il debito europeo), uno di Moody's e i responsabili legali per l'Italia delle due agenzie.
A Moody'si contesta il reato di «manipolazione del mercato» per avere «elaborato e diffuso a mercato aperto» il 6 maggio 2010, «notizie false (anche in parte) sulla tenuta del sistema economico e bancario italiano». Nel report, secondo la procura, sarebbero stati espressi «giudizi da ritenersi falsi, infondati o comunque imprudenti secondo quanto asserito da altre agenzie di rating oltre che dalle supreme autorità nazionali». I tre analisti di S&P sono accusati anche di «abuso di informazioni privilegiate» per aver «elaborato e diffuso», nei mesi di «maggio, giugno e luglio 2011 - anche a mercati aperti - notizie non corrette, comunque esagerate e tendenziose sulla tenuta del sistema economico-finanziario e bancario italiano».
Questo accadeva circa un anno fa, esattamente il 10 agosto del 2011. Da allora le agenzie di rating hanno continuato ad operare con bocciature sonore. L'ultima arriva dalla Procura della Corte dei conti del Lazio. Si ipotizza che le suddette agenzie di rating hanno causato un danno erariale nei confronti dello Stato italiano di ben 120 miliardi di euro.