Agenzie letterarie, scrittori e case editrici: come fare?

Creato il 29 agosto 2012 da Sulromanzo

L’agente letterario parla con un aspirante scrittore:

"Il mio romanzo è un thriller!"

"Bene, che tipo di thriller?", risponde l’agente letterario.

"Un thriller è un thriller!"

"Un thriller politico, un thriller militare, un thriller storico, un thriller medico, un thriller psicologico, un thriller tecnologico, un thriller di spionaggio, un thriller soprannaturale, un thriller ambientale, un thriller legale, un thriller religioso, che tipo di thriller? Per capire…”

“C’è molta suspense…”

“Non avevo dubbi essendo un thriller!”

“Bah, se devo proprio scendere nei particolari, terrorizza proprio!”

“Anche in questo caso non avevo dubbi, un thriller può terrorizzare il lettore…”

“Le indagini che vengono compiute, e che a dirla tutta coincide con la trama, sono terrorizzanti, tremendamente terrorizzanti!”

“Ho capito, siamo sicuri che non sia un romanzo poliziesco più che un thriller?”

“No no, quelli sono gialli, il mio romanzo è un’altra cosa!”

“Cioè?!”, disarmato.

La rubrica sul mondo delle agenzie letterarie, che inizia oggi, necessita di contestualizzare i diversi punti di vista in gioco: le agenzie letterarie, gli scrittori e le case editrici. Non è semplice, talvolta si intersecano interessi di parte, talora non si riesce a comprendere il punto di vista altrui. Il linguaggio può essere comune, il linguaggio è un veicolo di business, il linguaggio complica le reazioni, il linguaggio non è uguale per tutti: i significati e le sfumature di significato vanno incoraggiati con il tempo e la frequentazione (telefonate, mail, incontri), e con il desiderio di integrarsi nell’universo di riferimento dell’altro.

Cercheremo, puntata dopo puntata, di entrare nelle questioni più importanti che legano gli attori, consapevoli tuttavia che ci vorrà tempo per mettere le fondamenta, le uniche che possano reggere un edificio di conoscenza. Ci potranno essere opinioni differenti e/o contrastanti, benissimo; ci potranno essere confronti duri e stimolanti, benissimo. Noi vogliamo esplorare insieme ai nostri lettori il mondo delle agenzie letterarie da una posizione schietta e di reciprocità costruttiva, affinché ci si possa ricredere anche, perché no?

Primo argomento. Quando un autore cerca un agente letterario è consapevole del linguaggio editoriale? Conosce la differenza fra un noir e un thriller? Fra la fantascienza e il fantasy? No il più delle volte. Primo problema.

Parlare con un agente letterario non implica conoscere la differenza fra generi e sottogeneri, ma la facilità per mezzo della quale a volte si vorrebbe utilizzare i termini rischia di inimicare l’agente letterario, che vorrebbe, da una prima impressione, capire che dall’altra parte c’è una persona con la quale sarebbe proficuo collaborare e non una gara di nozionismo con premi da dotti. Però bisogna capirsi e il linguaggio, nel caso si sia consapevoli di averlo debole dal punto di vista editoriale, va reso denso e preciso con domande, anche dando l’impressione di sembrare del tutto ignoranti.

Problema non da poco, perché nell’immaginario collettivo vi è un’idea distorta da anni: l’agente deve piazzare il mio inedito, non deve rompermi le scatole, deve ammirare la mia opera e piazzarla, punto.

Non funziona così.

Per piazzarla servono credenziali di qualità e umane, le seconde raggiungono lo scopo di capirsi velocemente quando il linguaggio non è sufficiente.

Perché ho deciso di aprire la rubrica con questo tema che sembra più di natura psicologica? La prossima volta vi racconterò una vicenda che ho vissuto con un mio cliente qualche mese fa e allora vi sembrerà chiara la ragione.

Nel frattempo vi chiedo di inviarci dubbi, suggerimenti, ecc. per il futuro della rubrica. Proveremo ad affrontare tutti gli argomenti, sviscerandoli assieme.

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